Episodio 277 – La magia di dire grazie.

Episodio 277 – La magia di dire grazie.

La magia di dire grazie. Gratitudine e speranza sono i due sentimenti che maggiormente dobbiamo imparare a coltivare. Perché ci fanno un gran bene. La gratitudine è uno stato di apprezzamento per qualcosa di interno o di esterno a noi. Quando siamo nella gratitudine noi apprezziamo ciò che siamo, ciò che abbiamo, ciò che l’altro fa per noi. Quando spostiamo il focus sulla gratitudine cambia il nostro stato psicofisico, mentale, spirituale. E ci sono tante ricerche che ne testimoniano i benefici. Ma nonostante i tanti benefici noi la pratichiamo poco. Perché? Perché? Perché diamo troppe cose per scontato. Viviamo come assuefatti a ciò che proviamo. Ci sono 3 tipi di gratitudine e gli effetti che si possono avere cambiano a seconda del tipo a: • Essere grati a se stessi: questo tipo di gratitudine può essere considerato un vero e proprio antidoto per l’autogiudice, per il giudice interno; • Essere grati agli altri: questo tipo di gratitudine cambia il clima relazionale • Essere grati a Dio e alla Vita: questo tipo di gratitudine genera accettazione, diminuisce la rabbia e il senso di ingiustizia e quindi stiamo meglio. Essere grati ci fa essere meno nel confronto con gli altri. La gratitudine è consapevolezza. Quando non siamo grati siamo in uno stato di inconsapevolezza. Ricorda: se vuoi essere beato impara ad essere grato. Quali sono i tuoi motivi di gratitudine?
Che c’è dietro la rabbia?

Che c’è dietro la rabbia?

Che c’è dietro la rabbia? Cosa è la rabbia? Cosa si nasconde dietro la rabbia? E come possiamo gestirla? Quando siamo di fronte ad una persona in preda alla rabbia e a tutte quelle emozioni forti e rabbiose, sarebbe importante imparare a tranquillizzare il suo bambino interiore, che sta semplicemente reagendo e vuole difendersi perchè si sente minacciato. Noi invece ci sentiamo attaccati e solitamente o aggrediamo l’altro o stiamo zitti, accumulando altra rabbia, che poi scaricheremo in qualche modo. Ed è difficile che in quei momenti riusciamo a vedere oltre la maschera. Come si fa ad andare oltre la rabbia? La persona arrabbiata solitamente ci appare sicura di sè, forte, aggressiva; in realtà, dietro c’è un bambino che non può far vedere che non sa fare, altrimenti sarà abbandonato. Questo bambino è convinto che nessuno lo può aiutare e comprendere. E deve dimostrare che ce la può fare da solo altrimenti è finito. Dentro sente una solitudine e impossibilità spaventose. In quel momento, la persona in preda alla rabbia, ha bisogno di essere tranquillizzata. Come si gestisce questa rabbia narcisistica? La rabbia è un’emozione. ha un’attivazione (arousal) molto alta. Cosa possiamo fare per riequilibrare il sistema’? Possiamo assorbire energia e farla defluire: questo si chiama tranquillizzazione. Sia a livello verbale che non verbale. Possiamo spegnere la carica. O quantomeno, provare ad abbassarla. Solitamente però andiamo in escalation, perchè personalizziamo la rabbia, e vogliamo darci ragione. E andiamo avanti così, ad alimentare la nostra rabbia. Finchè non capiamo che dietro la rabbia si nasconde un’altra emozione: la paura. Il motore di tutto è la paura. E tu, riesci a vedere la paura dietro la tua rabbia? Fammi sapere nei commenti, Antonio
AMORE: l’ amore è una qualità relazionale

AMORE: l’ amore è una qualità relazionale

AMORE: l’ amore è una qualità relazionale Siamo in grado di cogliere l’altro per com’è? Siamo capaci di coltivare l’amore? Cosa vuol dire accogliere l’altro? Accogliere l’altro per quello che è significa riuscire a guardarlo nelle sue specificità. Cambiare nella relazione significa innanzitutto andare concretamente verso l’altro, interessarsi a lui ascoltando con profondità cosa realmente dice. Noi, invece, tendiamo a concettualizzare l’altro e ci relazioniamo con l’immagine che abbiamo creato dell’altro. Altro è diverso. Nella relazione noi entriamo in contatto con questa diversità: l’amore è una qualità relazionale. Per sviluppare l’amore come qualità relazionale io devo imparare a conoscere l’altro per quello che è, non per l’immagine che mi sono fatto di lui. E posso conoscerlo sia attraverso le parole (quindi ad un livello più logico-razionale), sia attraverso un linguaggio simbolico, che va più in profondità e coinvolge anche la sfera emotiva. Quanto siamo capaci di vedere il mondo con gli occhi dell’altro? Di cogliere l’altro per come è? Siamo disposti a cambiare nella relazione, andando concretamente verso l’altro, aprendoci al suo mondo e a fare spazio dentro di noi? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Amare se stessi o l’altro: ho bisogno di te!

Amare se stessi o l’altro: ho bisogno di te!

Amare se stessi o l’altro: ho bisogno di te! L’ amore malato è frutto della mancanza di amore per se stessi. Ho bisogno di te esprime amore o dipendenza affettiva? Amare se stessi o amare gli altri? Sembra un dilemma ma in realtà non lo è. Come amare se stessi? questa è una buona domanda. paradossalmente avere amore per se stessi ha bisogno dell’amore dell’altro. Le due cose si completano e senza una l’altra non esiste. Quando non c’è questo equilibrio produciamo solo amore malato e relazioni tossiche in amore, basate sulla dipendenza affettiva e non sulla libertà del vero amore. Se non sappiamo avere amore per noi stessi non siamo in grado di amare gli altri. I maestri dell’umanità ci hanno insegnato: ama il prossimo tuo come te stesso e questo ‘come te stesso’ piano piano si è perso. Il grado di premura, cura, responsabilità, conoscenza che hai di te stesso e che puoi dare a te stesso sei in grado di darlo a qualcun altro. In caso contrario l’amore malato sarà ciò di cui ti troverai ad accontentarti non vedendo altre possibilità. Tocca distinguere e scegliere tra amore malato e Amore, libertà o dipendenza affettiva, relazioni nutrienti o relazioni tossiche in amore.
Volersi bene e amare se stessi

Volersi bene e amare se stessi

Volersi bene e amare se stessi sappiamo tutti che è fondamentale. Ma come ci si vuole bene, come si può amare se stessi. Se ci rifacciamo alle tradizioni sapienziali, alla spiritualità, anche a memoria conosciamo la frase: ama il prossimo tuo come te stesso, e siamo abituati a ripeterlo, ma non a incarnarlo. sapere come amare se stessi è il vero tesoro da scoprire. E che vuol dire incarnarlo? Vuol dire come volersi bene e amarsi. Concretamente significa renderci conto che noi possiamo amare un’altra persona, anche nostro figlio, nel modo in cui ci amiamo. L’amore che proviamo per l’altro è uno specchio della nostra reale capacità di amare noi stessi. Ma se siamo una persona, che vuol dire amare noi stessi? Come possiamo volerci bene? Vuol dire innanzitutto capire che dentro di noi abbiamo un mondo che è fatto di parti che spesso tendono verso direzioni molto diverse. Vendendo e accettando ogni singola parte di noi iniziamo ad amarci a voler bene a noi stessi. Nel video, estratto da un seminario sulla comunicazione non violenta, Antonio Quaglietta, psicologo relazionale, mostra le capacità fondamentali che ci permettono di raggiungere questo grande traguardo concreto, sviluppare la capacità di mare se stessi e di volersi bene. Esercitandosi ad applicare la comunicazione non violenta di Rosemberg, con il nostro mondo interno possiamo davvero sviluppare una modalità pratica e quotidiana di volersi bene. L’amore per sé diventa così una pratica e non un sentimentalismo astratto da inseguire.
Relazione o gratificazione?

Relazione o gratificazione?

Relazione o gratificazione? Cosa è la gratificazione? Quanto condiziona le nostre relazioni? In che modo siamo portati a vivere nel circuito della gratificazione? Naturalmente, come essere umani, siamo alla ricerca costante di qualcosa che sentiamo esiste e che sentiamo essere importante per noi. A questo diamo un’ etichetta linguistica, definendo ciò che cerchiamo felicità, gioia, serenità. Questa nostra ricerca, però, si collega ad un aspetto fondamentale della nostra vita, che è la gratificazione ed il piacere. Siamo abituati al ‘tutto e subito’, meccanismo che fa parte proprio del circuito della gratificazione: proviamo piacere, produciamo dopamina, abbiamo gratificazione immediata e ne diventiamo dipendenti. Tutto ciò che non è immediatamente piacevole non lo sappiamo più vivere. Questo ha delle conseguenze nelle nostre relazioni. Le relazioni vere non sono quelle hollywoodiane e delle favole, dove tutto sembra perfetto. Ma in questo circuito di continua ricerca di gratificazione, siamo portati a sperare proprio nella favola holliwoodiana. Come mai accade questo? Finché diventiamo schiavi della gratificazione immediata saltelliamo come palline da ping pong nel tentativo di trovare la relazione da favola e le soluzioni perfette per avere la nostra dose di piacere e dopamina, senza aspettare le normali fasi che la vita ci propone. Ci sfugge, però, che dietro la ricerca immediata della felicità, del piacere, del tutto e subito, ci sono dei bisogni, la cui soddisfazione richiede impegno e tempo, oltre che ricerca interiore. Le esperienze gratificanti che ricerchiamo, invece, sono fonte di distrazione da se stessi, dalla presenza, dalla vita. Proviamo gratificazione, ma abbiamo una vita vuota. Quali sono i tuoi bisogni nascosti dietro alla gratificazione? Quanto tempo ti concedi per sentire le spinte verso la ricerca del piacere e del ‘tutto e subito’? Fammi sapere nei commenti, Antonio