Che c’è dietro la rabbia?

Che c’è dietro la rabbia?

Che c’è dietro la rabbia? Cosa è la rabbia? Cosa si nasconde dietro la rabbia? E come possiamo gestirla? Quando siamo di fronte ad una persona in preda alla rabbia e a tutte quelle emozioni forti e rabbiose, sarebbe importante imparare a tranquillizzare il suo bambino interiore, che sta semplicemente reagendo e vuole difendersi perchè si sente minacciato. Noi invece ci sentiamo attaccati e solitamente o aggrediamo l’altro o stiamo zitti, accumulando altra rabbia, che poi scaricheremo in qualche modo. Ed è difficile che in quei momenti riusciamo a vedere oltre la maschera. Come si fa ad andare oltre la rabbia? La persona arrabbiata solitamente ci appare sicura di sè, forte, aggressiva; in realtà, dietro c’è un bambino che non può far vedere che non sa fare, altrimenti sarà abbandonato. Questo bambino è convinto che nessuno lo può aiutare e comprendere. E deve dimostrare che ce la può fare da solo altrimenti è finito. Dentro sente una solitudine e impossibilità spaventose. In quel momento, la persona in preda alla rabbia, ha bisogno di essere tranquillizzata. Come si gestisce questa rabbia narcisistica? La rabbia è un’emozione. ha un’attivazione (arousal) molto alta. Cosa possiamo fare per riequilibrare il sistema’? Possiamo assorbire energia e farla defluire: questo si chiama tranquillizzazione. Sia a livello verbale che non verbale. Possiamo spegnere la carica. O quantomeno, provare ad abbassarla. Solitamente però andiamo in escalation, perchè personalizziamo la rabbia, e vogliamo darci ragione. E andiamo avanti così, ad alimentare la nostra rabbia. Finchè non capiamo che dietro la rabbia si nasconde un’altra emozione: la paura. Il motore di tutto è la paura. E tu, riesci a vedere la paura dietro la tua rabbia? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Responsabilità e mondo interno: chi è responsabile del mio sentire?

Responsabilità e mondo interno: chi è responsabile del mio sentire?

Responsabilità e mondo interno: chi è responsabile del mio sentire? Chi è responsabile del nostro sentire? Da chi o da cosa dipendono le nostre sensazioni interne? In che modo possiamo conoscere le sensazioni del nostro mondo interno e modificarle? Le nostre sensazioni interne determinano la relazione con l’altro. Spesso erroneamente attribuiamo all’altro nelle relazioni la responsabilità di ciò che sentiamo noi. Delle nostre sensazioni e di ciò che accade nel nostro mondo interno. Così facendo, però, diventiamo impotenti rispetto alle nostre stesse sensazioni. L’altro non ha questo potere, perchè le sensazioni, ciò che proviamo e sentiamo, dipendono da noi, attengono al nostro mondo interno. Quello che possiamo fare per modificare le sensazioni interne che non ci piacciono è chiedere all’altro qualcosa di concreto da fare per aiutarci a stare meglio. Se non andiamo su qualcosa di concreto da fare resta tutto nella sensazione, nel sentire e l’altro non può intervenire nel nostro mondo interno. Imparando a fare delle richieste, si passa dal mondo interno alla relazione, fatta di cose concrete. Se io non mi sento degno dell’amore di nessuno, voi potete applaudirmi con mani e piedi sopra le sedie, potete lasciarmi i bigliettini, potete abbracciarmi e dirmi ‘ti sono grato’ e via dicendo, ma dentro di me quella sensazione non cambierà. Finché non lavoro sul mio senso di inadeguatezza nelle relazioni e sul mio senso di non amabilità, che proietto sugli altri e trasformo in ‘voi non mi apprezzate’, sarà difficile che riuscirò a stare pienamente con l’altro e ad apprezzare il suo affetto nei miei confronti. Fare richieste modifica il sistema della relazione e qualcosa cambia. Delegare le sensazioni all’altro significa invece cedere la responsabilità. Quanto sei consapevole che la responsabilità delle tue sensazioni è tua? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Da dove nasce la tua vergogna?

Da dove nasce la tua vergogna?

Da dove nasce la tua vergogna? Cosa è la vergogna? Quando proviamo vergogna e come si manifesta? La vergogna è un emozione. Spesso si manifesta a partire da un giudizio, sia esso interno, sia percepito come esterno. Un giudizio che segue a ciò che noi consideriamo un fallimento. Infatti, molto spesso, la nostra vergogna parte da qualcosa che consideriamo un errore: sbagliamo qualcosa, ci sentiamo inadeguati e proviamo vergogna. Noi, però, possiamo leggere la nostra vergogna, così come tutte le caratteristiche che ci appartengono, secondo due paradigmi: o in termini evolutivi oppure in termini paralizzanti. Possiamo, cioè, approcciarci alla vergogna o accogliendola e imparando qualcosa da essa, oppure viverla come una catena che ci blocca e non ci fa andare avanti nel nostro percorso di crescita. La vergogna innanzitutto è legata al nostro giudizio, e al fallimento che a sua volta è legato al sentire di aver sbagliato. Ma che succede se qualcuno mi giudica? Mi sento colpevole, sbagliato. Perché? Perché credo che ci siano delle condizioni di amabilità. Quindi creo la maschera e mi nascondo dietro un’ immagine di me che voglio dare. Ognuno di noi si vergogna di cose diverse e quindi decidiamo di mostrare solo quello che ci sembra buono, accettabile, amabile. La parte della vergogna che ci tiene legati è l’orgoglio: non ammettiamo di avere anche parti che non ci piacciono e quindi non le accettiamo, perchè crediamo che se le mostriamo saremo rifiutati e gli altri smetteranno di amarci. Ma stiamo interpretando un personaggio. Siamo molto lontani dal nostro vero sè. Il primo vero atto di un cammino di evoluzione vero e leggero è l’accettazione con umiltà di come siamo, della nostra fallibilità ed umanità. E tu, che relazione hai con la tua vergogna? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Spegni la sofferenza: comprendi per perdonare

Spegni la sofferenza: comprendi per perdonare

Spegni la sofferenza: comprendi per perdonare Come si può spegnere la sofferenza? Come possiamo riuscire a perdonare? Spesso non sappiamo spegnere la nostra sofferenza perché non riusciamo a comprendere il male ricevuto e i comportamenti altrui. A volte capiamo solo che dovremmo perdonare ma non riusciamo a farlo. E magari accusiamo gli altri, perchè noi non ci riusciamo. Ma accusare gli altri significa rinnovare la nostra sofferenza. Comprendere e perdonare non sono azioni altruistiche per favorire l’altro ma azioni necessarie per liberare noi. Imparare a perdonare significa spegnere davvero la nostra sofferenza. Non si tratta di giustificare o dimenticare la sofferenza o il dolore ricevuto, ma di comprenderlo. Comprendere che finche ci fissiamo nella storia del ‘dovrebbe’ non riusciamo ad essere felice. Quindi, possiamo fare una scelta: voglio continuare a dare la colpa alla vita? o voglio iniziare a vivere pienamente? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Oltre la sofferenza: problema e soluzioni

Oltre la sofferenza: problema e soluzioni

Oltre la sofferenza: problema e soluzioni La sofferenza è una spia che si accende che ci indica che c’è un problema. La sofferenza, però, è una spia aspecifica, è un indicatore che c’è qualcosa da modificare, perché il sistema non è in equilibrio. In che modo la sofferenza è legata al problema? E come possiamo trovare delle soluzioni al nostro problema, andando oltre la sofferenza? Innanzitutto, per poter definire il problema in modo concreto e preciso, va distinta la sofferenza necessaria da quella inutile e avere così un primo indicatore. La vita cambia e bisogna adattarsi. questo adattamento ci richiede uno sforzo e noi andiamo in stress. La sofferenza necessaria ci fa crescere, ci fa diventare intelligenti; nella ricerca di soluzioni al problema, impariamo qualcosa in modo naturale. Affrontando i problemi, quindi, cresciamo, impariamo, che vuol dire che evolviamo. La sofferenza, infatti, è strumentale all’evoluzione. Quando alla sofferenza necessaria sovrapponiamo l’attività della mente, i giudizi, i non è giusto, ci lamentiamo, andiamo in stress e tutto ciò ci impedisce di crescere. La sofferenza, quindi, è la spia che indica un PROBLEMA. il problema è una perturbazione di un sistema che non gli permette di essere nell’equilibrio migliore. Tuttavia, se c’è un problema, ci sono delle soluzioni. Noi spesso pensiamo che le soluzioni siano riportare il sistema all’equilibrio (soluzione riparativa: si aggiusta qualcosa). Però c’è una regola nella vita: non è possibile tornare indietro. Bisogna trovare un nuovo equilibrio. La soluzione è un nuovo equilibrio: la vita ci chiede di modificare qualcosa per cercare un nuovo equilibrio funzionale. Soluzione vuole dire modificare, vuol dire cambiamento. Ci sono però degli impedimenti. Spesso ci fermiamo alla sofferenza, senza riuscire ad andare oltre la sofferenza stessa: ci lamentiamo e ci crogioliamo, senza nemmeno riuscire ad individuare il problema. Quando, invece, riusciamo ad individuare il problema possiamo incappare in un altro impedimento: neghiamo il problema. non agendo quando dovremmo agire. Oppure, ci può capitare di agire quando non dovremmo agire. Questo genera un conflitto: seguiamo i nostri bisogni, l’altro non lo vediamo proprio. Un altro impedimento è il riflettere costantemente sul problema: iniziamo a pensare sul problema, a cercare le cause, a voler capire come funziona, capire i perché. Però, per riuscire a superare la sofferenza, è necessario capire che il comportamento umano non ha solo una causa. La convinzione che se trovi la causa trovi la soluzione è di tipo psicanalitico, ma è una concezione culturale, che ha grossi limiti e non ha riscontri nella realtà. cercare le cause nel passato, non risolve, non da’ indicazioni su come risolvere i problemi.se non modifichiamo qualcosa nel presente, non serve pensare al passato. Per andare oltre la sofferenza, quindi, e trovare soluzioni al problema, occorre innanzitutto definire il problema, quindi non cercare le cause nel passato, ma vedere come le variabili in modo sistemico si influenzano tra di loro. E che spesso, modificando una variabile, si modifica l’intero sistema e si arriva alla soluzione del problema e, quindi, al superamento della sofferenza.
Come conoscere se stessi?

Come conoscere se stessi?

Come conoscere se stessi? Come prendere consapevolezza di se? In questa diretta Antonio Quaglietta mostra i principali passaggi e le risorse necessarie per costruire la nostra personalità adulta. Conoscere se stessi, significa costruire una maggiore consapevolezza di se che ci porti dalla paura infantile alla fiducia. Imparando a conoscerci sempre più a fondo, vediamo che la personalità adulta è quella che sa affrontare l’ambiente con le sue difficoltà, regge la frustrazione e ne fa una risorsa per affinare le proprie capacità. Chi si conosce e d è consapevole di sé affronta la solitudine e la sofferenze che ne consegue. L’adulto ha fiducia in se. La nostra parte adulta accresce la fiducia in se proprio grazie alla consapevolezza di se e delle proprie risorse ed esce così dallo stato infantile di dipendenza. Il passaggio dallo stato bambino a quello adulto è un passaggio necessario per non rimanere ingabbiati nelle nostre paure, ansie e scarsa fiducia in noi stessi. È il passaggio che ci permette di guardaci, accettarci, conoscerci sempre meglio e prendere la consapevolezza matura di se stessi. Spesso le relazioni si complicano e le relazioni vanno in crisi perché non riusciamo a vedere le nostre reazioni bambine e i nostri bisogni infantili. I bisogni infantili nella coppia come in ogni nostra relazione, se non resi consapevoli possono davvero rovinarla. Il passaggio finale è quello di diventare genitori, genitori di se stessi, cioè persone in grado di occuparsi delle proprie parti piccole e doloranti. La massima consapevolezza di se stessi, la conoscenza approfondita di se si ha proprio nella relazione di amore. Quando diventiamo donativi e in grado di occuparci di un altro abbiamo la piena consapevolezza di noi, solo nell’amore impariamo a conoscerci davvero. Consapevolezza di se stessi e conoscenza di se sono un viaggio, non una meta.