Come si fa ad entrare in empatia?

Come si fa ad entrare in empatia?

Come si fa ad entrare in empatia e che significa essere empatici? In questo video sull’empatia, Antonio Quaglietta, psicologo relazionale mostra come è possibile entrare in empatia. Chiariamo il significato di empatia. L’empatia è la capacità di cogliere e sentire il vissuto emotivo altrui. Che si tratti di rabbia, tristezza, gioia, paura o altro essere empatici significa cogliere le emozioni dell’altro. Sperimentare l’empatia significa innanzitutto prendere consapevolezza della nostra comunicazione. Quando parliamo con qualcuno, infatti, tendiamo ad essere spesso egocentrati, utilizziamo la comunicazione per avere ragione. Questa non è certo comunicazione empatica. La comunicazione empatica, infatti è quella che ci permette di entrare in contatto profondo con l’altro e percepirne il vissuto. Questo significa essere empatici. Si può sviluppare l’empatia ed essere più empatici? Certo, nonostante la comunicazione empatica non sia il modello comunicativo di riferimento della nostra società, basata sul potere dominio, che ci spinge all’isolamento relazionale ed emotivo. Essere empatici ci fa paura! Entrare in empatia è invece la più alta facoltà dell’essere umano. Perché essere empatici ci permette di vivere relazioni molto più profonde ed appaganti. In questo video sull’empatia vediamo proprio come poter attivare una comunicazione empatica e migliorare le nostre relazioni.
Relazione con te stesso: conta più l’interno o l’esterno?

Relazione con te stesso: conta più l’interno o l’esterno?

Relazione con te stesso: conta più l’interno o l’esterno? Quale relazione hai con te stesso? Quali riferimenti hai? Per te conta più l’interno o l’esterno? Spesso, nella relazione, noi proiettiamo sugli altri quello che riguarda noi stessi. Quando diciamo che qualcuno ci svaluta sostanzialmente siamo noi che lo stiamo facendo nei confronti dell’altro, o anche nei confronti di noi stessi. Molte delle persone che poi sono diventate famose per quello che facevano sono state stroncate diverse volte nei loro progetto, ma quelle persone hanno continuato a provarci comunque, cioè hanno bilanciato il riferimento esterno con il riferimento interno. Per poter dare una risposta adeguata alle situazioni che viviamo, è necessario imparare a bilanciare questi due tipi di riferimento: valuto ciò che arriva dall’esterno e ciò che arriva dall’interno e lo equilibro. E tu, quale riferimento prediligi nella relazione con gli altri? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Scelta o dovere: scegliere o subire?

Scelta o dovere: scegliere o subire?

Scelta o dovere: scegliere o subire? Molto spesso ci capita di vivere la nostra scelta come un dovere. E quindi pensiamo di subire e non di scegliere realmente ciò che facciamo. Perchè? Siamo blocca nel ‘devo’ e nel ‘non posso’. Questi sono degli obblighi che ci diamo per rispondere a delle regole precise che abbiamo ricevuto da bambini. Ma se c’è un obbligo ci deve essere un’autorità (qualcosa o qualcuno) che mi impedisce di fare il contrario della regola. Per i bambini, però, è necessario ricevere delle regole, perchè si formino i loro comportamenti. Da adulti il discorso cambia. Da bambini riceviamo delle regole. Il problema è che esiste una linea temporale e quindi se noi ci portiamo quelle imposizioni anche da adulti che cosa stiamo facendo? Stiamo reagendo in modo acritico, cioè stiamo rispondendo a qualcosa che abbiamo acquisito in una fase in cui era utile senza pensare da adulti. Ogni ‘devo’ e ogni ‘non posso’ se non sono trasformabili in ‘scelgo’ diventano un macigno che provoca malessere. Fare una scelta, non per dovere, ci dà molta più libertà. Invero, scegliamo sempre, anche quando siamo convinti di subire, di non avere scelta. Se rispondiamo in maniera acritica ad una regola la stiamo subendo, poichè dietro c’è un condizionamento che sta mandando avanti la regola. In realtà è sempre una scelta. Perchè allora ne facciamo un dovere? Per sentirci vittime. Quanta libertà c’è nelle tue scelte? Quanto le subisci? Quanto sei consapevole che anche nel dovere c’è la scelta? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Relazioni: qual è il vero scambio relazionale?

Relazioni: qual è il vero scambio relazionale?

Relazioni: qual è il vero scambio relazionale? Cosa è uno scambio relazionale? Quando si può iniziare a parlare di scambio? Nelle relazioni, riusciamo a mostrare noi stessi? La libertà inizia quando inizi a mostrarti, a te stesso e agli altri. Attenzione: A TE STESSO e agli altri, perché spesso i peggiori bluff li facciamo a noi stessi. Di solito i dialoghi comuni li chiamiamo scambi, ma ci ritroviamo davanti a delle persone chiuse ognuna nella propria bolla, a delle solitudine che si incontrano. Quando ti tieni le mani e ti guardi negli occhi inizi a spaventarti. Lo sforzo sta nel fatto di entrare in una dimensione più umana, un po’ oltre le maschere che indossiamo. Quali sono i tuoi scambi? Quali le tue paure più grandi nello scambio?
Responsabilità e mondo interno: chi è responsabile del mio sentire?

Responsabilità e mondo interno: chi è responsabile del mio sentire?

Responsabilità e mondo interno: chi è responsabile del mio sentire? Chi è responsabile del nostro sentire? Da chi o da cosa dipendono le nostre sensazioni interne? In che modo possiamo conoscere le sensazioni del nostro mondo interno e modificarle? Le nostre sensazioni interne determinano la relazione con l’altro. Spesso erroneamente attribuiamo all’altro nelle relazioni la responsabilità di ciò che sentiamo noi. Delle nostre sensazioni e di ciò che accade nel nostro mondo interno. Così facendo, però, diventiamo impotenti rispetto alle nostre stesse sensazioni. L’altro non ha questo potere, perchè le sensazioni, ciò che proviamo e sentiamo, dipendono da noi, attengono al nostro mondo interno. Quello che possiamo fare per modificare le sensazioni interne che non ci piacciono è chiedere all’altro qualcosa di concreto da fare per aiutarci a stare meglio. Se non andiamo su qualcosa di concreto da fare resta tutto nella sensazione, nel sentire e l’altro non può intervenire nel nostro mondo interno. Imparando a fare delle richieste, si passa dal mondo interno alla relazione, fatta di cose concrete. Se io non mi sento degno dell’amore di nessuno, voi potete applaudirmi con mani e piedi sopra le sedie, potete lasciarmi i bigliettini, potete abbracciarmi e dirmi ‘ti sono grato’ e via dicendo, ma dentro di me quella sensazione non cambierà. Finché non lavoro sul mio senso di inadeguatezza nelle relazioni e sul mio senso di non amabilità, che proietto sugli altri e trasformo in ‘voi non mi apprezzate’, sarà difficile che riuscirò a stare pienamente con l’altro e ad apprezzare il suo affetto nei miei confronti. Fare richieste modifica il sistema della relazione e qualcosa cambia. Delegare le sensazioni all’altro significa invece cedere la responsabilità. Quanto sei consapevole che la responsabilità delle tue sensazioni è tua? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Da dove nasce la tua vergogna?

Da dove nasce la tua vergogna?

Da dove nasce la tua vergogna? Cosa è la vergogna? Quando proviamo vergogna e come si manifesta? La vergogna è un emozione. Spesso si manifesta a partire da un giudizio, sia esso interno, sia percepito come esterno. Un giudizio che segue a ciò che noi consideriamo un fallimento. Infatti, molto spesso, la nostra vergogna parte da qualcosa che consideriamo un errore: sbagliamo qualcosa, ci sentiamo inadeguati e proviamo vergogna. Noi, però, possiamo leggere la nostra vergogna, così come tutte le caratteristiche che ci appartengono, secondo due paradigmi: o in termini evolutivi oppure in termini paralizzanti. Possiamo, cioè, approcciarci alla vergogna o accogliendola e imparando qualcosa da essa, oppure viverla come una catena che ci blocca e non ci fa andare avanti nel nostro percorso di crescita. La vergogna innanzitutto è legata al nostro giudizio, e al fallimento che a sua volta è legato al sentire di aver sbagliato. Ma che succede se qualcuno mi giudica? Mi sento colpevole, sbagliato. Perché? Perché credo che ci siano delle condizioni di amabilità. Quindi creo la maschera e mi nascondo dietro un’ immagine di me che voglio dare. Ognuno di noi si vergogna di cose diverse e quindi decidiamo di mostrare solo quello che ci sembra buono, accettabile, amabile. La parte della vergogna che ci tiene legati è l’orgoglio: non ammettiamo di avere anche parti che non ci piacciono e quindi non le accettiamo, perchè crediamo che se le mostriamo saremo rifiutati e gli altri smetteranno di amarci. Ma stiamo interpretando un personaggio. Siamo molto lontani dal nostro vero sè. Il primo vero atto di un cammino di evoluzione vero e leggero è l’accettazione con umiltà di come siamo, della nostra fallibilità ed umanità. E tu, che relazione hai con la tua vergogna? Fammi sapere nei commenti, Antonio