Episodio 171- Lasciare andare per imparare ad accogliere

Episodio 171- Lasciare andare per imparare ad accogliere

5 cose da fare per lasciare andare Cosa vuol dire lasciare andare? Quali sono i passaggi necessari a lasciare andare? Perché lasciare andare? Lasciar andare richiede calma, apertura e disponibilità. Generalmente lasciare andare produce dentro di noi la paura per qualcosa che non conosciamo. Lasciare andare vuol dire anche fare spazio. Vorremmo qualcosa di nuovo, ma non abbiamo spazio interno, perché siamo aggrappati a quello che abbiamo. Per questo non riusciamo a lasciare andare. Tutto ciò che non è più utile, funzionale, che non ci fa bene, che è di ingombro, occupa solo spazio ed è fondamentale imparare a lasciarlo andare. Può capitare che ci ripetiamo che non ci riusciamo; ma qui entra in gioco la nostra volontà: lasciar andare richiede un atto di volontà da parte nostra. Quali sono i passaggi per imparare a lasciare andare? 1) Riconoscere gli attaccamenti: se non sappiamo quali sono i nostri attaccamenti, non sappiamo cosa lasciare andare; sentiamo la sensazione di pesantezza, di insoddisfazione, debolezza, ci sentiamo sfiancati, ma non sappiamo cosa è che ci fa stare così. Per rintracciare i nostri attaccamenti, chiediamoci: a cosa sto restando attaccato? A cosa penso spesso? Su cosa la mia mente va in automatico? Quali sono i pensieri che emergono automatici durante la giornata? 2) Rintracciare il vantaggio: Noi siamo fatti di parti, qual è la parte che vuole lasciare andare? Quali sono invece le altre parti che non vogliono lasciare andare? Molte parti di noi si aggrappano a qualcuno o qualcosa, perché ogni parte vede in un determinato modo e le parti di noi che non vogliono mollare, vedono un vantaggio nel non farlo. Chiediamoci, dunque, quali sono i nostri vantaggi nel non mollare? Restare attaccato alla storia, alla persona, al pensiero o alla convinzione che vantaggio mi da? Restare attaccati ci da sicurezza e lasciare andare richiede responsabilità, rischio, paura e noi tendiamo sempre al beneficio, a quello che ci sembra una cosa buona per noi. 3) Fare spazio per accogliere: la paura nel mollare è paura del vuoto. Modificando questa visione, cioè se lascio andare sento il vuoto, noi ci focalizziamo solo sulla mancanza di qualcosa, sullo spazio da riempire. E il vuoto ci fa paura: resta un buco. Modificare il linguaggio dicendo “faccio spazio”, “lascio andare per fare spazio, per accogliere” ci fa concentrare sul nuovo, sull’accogliere la novità. Cambia completamente la visione e la percezione delle cose. Chiediamoci: che cosa è ingombrante dentro di me? Cosa è che oggi è inutile a cui dedico energia, pensieri? 4) Imparare ad affidarci: abbiamo paura perché abbiamo il bisogno di controllare. Non riusciamo ad affidarci alla vita. Per lasciare andare è necessario fare un atto di fede, provare fiducia. Fare piccole cose senza avere il controllo di tutto. 5) Accettare e accogliere: spesso l’attaccamento a qualcosa o qualcuno è perché non riusciamo ad accettare che è passata, che una cosa è finita. Non riusciamo ad accettare che l’impermanenza è una legge fondamentale della vita: tutto cambia. Come si fa ad accettare? Accettare è un atto di volontà. Accettare si fa accettando. Accettare vuol dire accontentarsi, nel senso di essere contento, di farsi contento di ciò che c’è.
Episodio 170 – Le parole che ci fanno più male: come modificare il linguaggio distruttivo?

Episodio 170 – Le parole che ci fanno più male: come modificare il linguaggio distruttivo?

A cosa serve il linguaggio? Come possiamo modificarlo in modo costruttivo? Il linguaggio ci serve a gestire al meglio la nostra mente e, quindi, la nostra vita. Le parole hanno la capacità di essere esperienza. Hanno un potere vibratorio ed evocativo. Richiamano immagini, sensazioni ed esperienza reale dentro di noi. Per questo è importante capire quali sono le parole che ci fanno più male. E in che modo possiamo intervenire sul nostro linguaggio. Quando parliamo di parole che ci fanno male, generalmente pensiamo che sono quelle pronunciate dagli altri, quelle che riteniamo offensive; in realtà, queste sono il male minore, sono piccoli colpi all’ego e alla nostra immagine. Le parole che ci fanno più male sono le parole vuote, quelle che ci bloccano, che ci lasciano indifferenti, che non producono in noi nessun tipo di esperienza; sono parole morte, che tolgono potere al linguaggio, alla mente e all’esperienza creativa, quella del sé superiore. Infatti, il nostro sé risponde in modo diverso al linguaggio che usiamo: è spontaneo, è generativo, creativo, ma noi lo uccidiamo con un linguaggio statico, passivo. Quali sono queste etichette distruttive, queste parole che ci fanno male? *Le generalizzazioni: il nostro ego generalizza ogni cosa: già so, già lo conosco, sono sempre il solito…funzionano sul principio di economia, ma generalizzare ci blocca. Cosa fare? Possiamo rintracciare nel nostro linguaggio ogni volta che utilizziamo “sempre, mai, la gente, tutti, gli altri, le persone” e chiederci “chi precisamente? Quando precisamente?” *il confronto: i confronti sono utili nella misura in cui si parla di vita materiale, di qualcosa di misurabile, si mettono a confronto dati concreti. Invece vengono utilizzati da noi per confrontare noi stessi per come siamo con quello che “dovremmo essere”: dovrei essere più…dovrei essere meno…il confronto è l’anticamera del giudizio. *le cristallizzazioni: sono il tentativo della mente di fermare l’attimo, l’impermanenza, lo scorrere del tempo. Danno vita ai rimpianti, ai rimorsi e si traducono in un rifiuto di continuare a stare nel flusso della vita. *le doverizzazioni: bloccano l’esperienza e ci tolgono la libertà. Quali sono invece le parole che ci danno vita? Le parole sono delle etichette, necessarie per poter entrare in comunicazione con gli altri in un certo modo. Ma quando le abusiamo, quando le utilizziamo in modo distruttivo, rimandano ad un’esperienza vuota, vengono svuotate di significato. Per questo è fondamentale imparare a gestire il linguaggio: gestire il linguaggio significa gestire la vita. Come possiamo fare? Cerchiamo le nostre parole vive, quelle che generano esperienze dentro di noi, quelle che permettono di ricontattare la nostra anima.  
Episodio 169 – Autonomia e condizionamenti: cosa ostacola la tua vera libertà

Episodio 169 – Autonomia e condizionamenti: cosa ostacola la tua vera libertà

Che cosa ci impedisce di essere liberi? Accade spesso che ci comportiamo in maniera meccanica. Per quanti sforzi facciamo, non siamo liberi e agiamo in maniera inconsapevole, seguendo spinte che provengono dal nostro interno e obbedendo ad influenze che derivano dall’esterno. Quanto siamo liberi? Cosa è la libertà? Siamo sicuri che quando facciamo ciò che ci viene spontaneo fare siamo davvero liberi? In realtà, no, poiché ognuno di noi è condizionato, da qualcosa che viene dall’esterno e da qualcosa che viene dall’interno e questi condizionamenti sono un ostacolo alla nostra libertà. Ogni comportamento meccanico, automatico, non è espressione di libertà. Le spinte interne che sentiamo sono frutto dell’educazione e dei “comandi” che abbiamo ricevuto nella famiglia d’origine. Sulla base di questi comandi, che si chiamano “ingiunzioni”, abbiamo costruito quello che in analisi transazionale si chiama copione: “piano di vita che si basa su una decisone presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi che culmina in una scelta definitiva”. Berne Le Ingiunzioni sono messaggi che arrivano dalla parte bambina/sofferente dei genitori al figlio. Quali sono? sono: non; non essere; non entrare in intimità; non essere importante; non essere un bambino; non crescere; non avere successo; non essere te stesso. Il bambino risponde alle ingiunzioni, a questi comandi dei genitori, con le controingiunzioni, che sono, appunto, il modo con cui abbiamo reagito a quello che abbiamo percepito nelle ingiunzioni; sono una strategia di sopravvivenza. Le controingiunzioni sono delle vere e proprie spinte interne e sono: sii forte, sii perfetto, compiaci, sbrigati; sforzati. Pensiamo, quindi, di essere liberi, ma dentro di noi abbiamo queste spinte, questi condizionamenti interni, che si collegano a dei condizionamenti esterni. La nostra infanzia ci ha reso sensibili a delle spinte, poi viviamo esperienze che le confermano e dall’esterno arrivano messaggi che le rinforzano. Cosa possiamo fare? possiamo sempre cambiare. possiamo fare un lavoro di conoscenza di noi stessi, che richiede impegno, ma che ha come obiettivo la nostra autonomia, ovvero, la nostra libertà. E tu, quali spinte interne hai? Quali dei tuoi comportamenti sono condizionati dalle tue spinte?
Episodio 168 – Ritrovare la forza interiore: scopri la vera autostima

Episodio 168 – Ritrovare la forza interiore: scopri la vera autostima

Cosa è la forza interiore? Da dove possiamo attingere la nostra forza interiore? E quanto siamo consapevoli di come la disperdiamo? Una delle spinte principali che abbiamo ricevuto sin da quando eravamo piccoli e che la società in cui viviamo ci propone costantemente, è: devo essere forte. Ma la forza, in una società come la nostra, è in realtà è spesso l’elogio della debolezza umana: essere forti vuol dire primeggiare, essere competitivi, vincere, essere i migliori. Così leghiamo il concetto stesso dell’autostima, della fiducia in noi stessi all’essere sempre competitivi e a surclassare gli altri: abbiamo stima in noi se dimostriamo di essere migliori degli altri. Ma è davvero questa la vera forza? È questa la vera autostima? Davvero quando non possiamo e non sappiamo perdere vuol dire che siamo forti? Questa è riconosciuta come forza, ma si tratta di forza esteriore: riusciamo ad ottenere ciò che ci prefiggiamo, ma non rispecchia la nostra forza interiore. Sprechiamo, infatti, la nostra forza interiore e ci lamentiamo di sentirci deboli. E come possiamo contattare ed esprimere la nostra vera forza interiore? La forza interiore è una forza spirituale, che attinge alla nostra coscienza, alla consapevolezza, che è la libertà interiore, è spiritualità, è libertà dall’oppressione della propria mente. Quando siamo schiavi della mente, ovvero per la maggior parte del tempo, ci sentiamo sempre deboli e schiavi e incolpiamo di questo malessere l’esterno. Disperdiamo energia e sprechiamo la forza interiore. Come? In tre modi, principalmente: *Guardarsi allo specchio: quando non attingiamo alla nostra forza interiore e siamo concentrati all’esterno, vediamo un immagine di noi stessi deformata dal giudizio. La forza interiore, invece, è la capacità di guardarci allo specchio in maniera non giudicante. Non sempre siamo consapevoli del nostro giudizio verso noi stessi, ma ne subiamo comunque gli effetti. Non è un giudizio esplicito, ma si palesa nel fatto che non accogliamo alcuni aspetti di noi in modo amorevole. Non abbiamo ancora accettato delle parti di noi. Cosa fare? Vedere quella parte di noi che non rispecchia il nostro sè ideale e integrarla; guardare a noi stessi senza la categoria ok/non ok, capace/incapace. Per capire i nostri giudizi interni, possiamo notare quali giudizi esterni ci colpiscono. *Sprechiamo la nostra forza interiore in battaglie inutili: in genere, crediamo che l’idea di forza coincida con l’idea di combattere, di fare battaglie. Che guerre alimentiamo? Che guerre combattiamo tutti i giorni? Le guerre contro il passato, contro quello che non esiste più, che ci toglie energie nel presente. Le guerre per cambiare gli altri: voglio fare capire, volere che l’altro faccia o dica etc.; le guerre contro la vita: opporsi alla vita, dire no alla vita vuol dire avere sempre la mente che ti trasmette la vita ideale, la vita come dovrebbe essere; ma la vita è diversa. La vita ha componenti di piacere e componenti di sofferenza. E se non coltiviamo il coraggio di accettare con il giusto distacco quello che arriva, saremo sempre sopraffatti e in guerra con la vita stessa. *Esprimersi e mostrarsi: quando non abbiamo forza interiore , abbiamo difficoltà ad esprimerci e mostrarci per quello che siamo: avanti c’è la maschera, dietro ci sono le vere emozioni che proviamo. Quante volte ci mostriamo a noi stessi? Rifiutiamo le nostre stesse emozioni e non dandoci il permesso di provarle, non ci esprimiamo. Al contrario, la forza interiore è capacità di esprimersi e di mostrarsi agli altri, esattamente per quello che siamo. E tu, quali ostacoli metti alla tua forza interiore?
Episodio 167 – La paura della paura: impariamo a riconoscerla

Episodio 167 – La paura della paura: impariamo a riconoscerla

Come affronti la paura? Quali strategie utilizzi per superare le tue paure? Cosa è la paura? La paura è un’emozione di base. La paura è naturale; è energia che ci attraversa, legata ai pensieri. Molto spesso, la classifichiamo come qualcosa da sconfiggere, da combattere, da distruggere. Noi, infatti, non vogliamo avere paura. Per questo cerchiamo di coprirla e di negarla. Qual è il modo giusto per relazionarsi alla paura? È la conoscenza, l’accoglienza, la scoperta e l’ascolto. Quando ci soffermiamo ad ascoltare le nostre paure, ci rendiamo conto di quanto possano essere preziose per noi: possiamo vedere quanto le nostre paure ci dicono di noi, della nostra storia passata; la paura può darci anche la direzione della comprensione di noi stessi, facendo emergere quali sono le parti di noi che non abbiamo ancora sviluppato. Quindi, sostanzialmente, la paura in sé, non è un problema. È la paura della paura che diventa un problema, nel momento in cui non la affrontiamo. La paura fa parte della vita; avere paura della paura, ci impedisce di vivere. Ma quali strategie utilizziamo per coprire la paura? *Controllo: proviamo a controllare ogni variabile della nostra vita per paura e nel tentativo di evitare l’incertezza: purtroppo, non si può avere tutto sotto controllo: la vita è di per sé incertezza, è un flusso, è un costante cambiamento: chi vuole avere certezze non sta vivendo. Tutto passa e cambia. il tentativo di gestire la paura attraverso il controllo produce stress e rabbia. *Aiuto dannoso-sostituzione: ho paura, chiedo aiuto; ottengo l’aiuto che chiedo, ma a che giova? Aumenterà il senso di sfiducia in me stesso e la convinzione di non potercela fare da solo. Perdo la libertà. Per quanto io provi un sollievo momentaneo, la mia paura diventa più grande. *Negazione ed evitamento: quando abbiamo paura di qualcosa, non vogliamo vederlo e razionalizziamo, giustificandoci. Ma ogni volta che la evitiamo, stiamo alimentando la nostra paura. questa strategia produce un sollievo momentaneo, che ci piace, ma la paura diventa più forte. *Rabbia: spesso ci arrabbiamo senza accorgerci che dietro c’è la paura: copriamo la nostra paura con la rabbia. questo produce scarico di energia e aggressività, verso noi stessi e verso gli altri. *Tristezza: per non sentire la paura e evitarla, cadiamo nella tristezza. Copriamo la paura con la tristezza: ci iniziamo a lamentare, abbassiamo l’energia e sprofondiamo nella tristezza. *Pre-occupazione: è una strategia fatta di controllo più rabbia, è un mix: pensiamo che preoccupandoci possiamo evitare la paura e addirittura risolvere. Invece, produciamo ansia, ci focalizziamo su ciò che non va e che potrebbe andare male e confermiamo proprio la paura che vogliamo superare. *Fare: è la strategia del momento: ci affoghiamo nel fare proprio per non ascoltarci. Questo produce un allontanamento da noi stessi: ci distraiamo e proviamo un sollievo momentaneo. Ma la paura ritorna, più forte. *Vergogna: è la paura di mostrarmi. Se mi mostro, temo che succeda qualcosa di irreparabile. Se la rintraccio e la contatto e la supero. Provo a difendere la mia maschera e quindi produco un allontanamento da me stesso. Tutte queste strategie hanno l’obiettivo di risolvere, ma alimentano le nostre paure. Cosa fare, quindi? Stare con la paura, ascoltarla, andare a caccia delle nostre paure, accoglierle. Migliorare la sensibilità alla paura. Soprattutto a quelle più piccole. Perchè l’unico impedimento al benessere e all’amore è la paura. E tu, quali strategie utilizzi per coprire la paura?
Episodio 166 – Interno ed esterno: due mondi allo specchio

Episodio 166 – Interno ed esterno: due mondi allo specchio

Che relazione c’è tra mondo interno e mondo esterno? Quanto sei consapevole che il nostro mondo esterno è lo specchio del mondo interno? Questo ha un riscontro concreto nella realtà quotidiana, non solo a livello personale delle nostre relazioni più intime, ma anche al livello più allargato della società in cui viviamo. Questi due mondi, infatti, mondo interno e mondo esterno, sono in stretta correlazione tra loro e si influenzano a vicenda. Sono l’uno lo specchio dell’altro. Pertanto, le nostre reazioni, le emozioni confuse, le relazioni che costruiamo sono il riflesso di ciò che ci portiamo dentro. Molto spesso, ci capita di fare il pendolo tra i due estremi: o ci concentriamo sul mondo interno (guardo solo dentro di me, è solo colpa mia, devo fare io, etc.) oppure riversiamo tutto sul mondo esterno (guardo solo fuori di me, è tutta colpa dell’altro, del mondo esterno). L’equilibrio è nella relazione: in che relazione sono mondo interno e mondo esterno? Quando ci focalizziamo sul mondo esterno, siamo convinti che ci condiziona ed aliena…in realtà, ciò che accade all’esterno aggancia qualcosa che abbiamo dentro. Ci colpisce come una freccia scagliata proprio contro di noi. In realtà, se non ci fosse l’obiettivo dentro di noi pronto ad essere colpito, la freccia cadrebbe a terra senza produrre danni, senza produrre effetti. Per fare degli esempi, per vedere come ciò che c’è nel mondo esterno si ripercuota internamente, basta pensare a qualche meccanismo dei grandi sistemi che ci circondano e che, in qualche modo si riflettono dentro di noi. In particolare, pensiamo alle serie TV, a Netflix e simili: ci nutriamo dell’illusione, dell’idealizzazione di quello che vediamo, di quello che consumiamo in modo vorace, che genera dentro di noi, rabbia e depressione in quanto ci porta a confrontare la nostra realtà, la nostra vita, con quella delle serie tv, che ci sembra inarrivabile. Questo produce insoddisfazione, che genera vergogna e rabbia. Allo stesso modo anche Amazon, non come commercio on-line, ma come struttura, come meccanismo di funzionamento, aggancia delle parti bambine di noi, che vengono colpite, perché desiderose di avere tutto e subito, tutti i desideri realizzati con un click! Ma nella realtà quotidiana, ogni desiderio non è a portata di click. Ed ecco che siamo, ancora una volta insoddisfatti ed arrabbiati. Anche nella politica riversiamo la rabbia, senza renderci conto di quanto per primi noi, nel nostro mondo interno e con le nostre parti interne, non siamo dei buoni governanti di noi stessi! Come gestiamo il nostro paese interno? Facciamo davvero l’interesse del nostro mondo interno? Oppure facciamo l’interesse delle nostre parti più forti? Concentrandoci su come vogliamo apparire, forti, belli, super attivi, sempre sul pezzo. Alcune nostre parti interne, in questo modo, non hanno più nutrimento e quindi soffriamo. Così vale anche per la finanza: sta divorando il mondo. Gestisce l’economia che poi gestisce la politica. Cosa accade, però, dentro di me, nel mio mondo interno? Quante volte parliamo di investimenti affettivi? Il meccanismo è lo stesso della finanza: se io dico: ho investito tanto in questa relazione, vuol dire che ho messo la relazione allo stesso livello di una transazione, che voglio il mio ritorno, il mio guadagno; e se non c’è ritorno, sto male. Infine, l’altro. Spesso diciamo: l’altro mi schiaccia, mi domina, mi svaluta…ma tutto ciò che l’altro fa è la freccia che lui tira; cosa aggancia dentro di me? La paura di non essere abbastanza. Ogni freccia ha bisogno di un preciso bersaglio da colpire: la svalutazione che io attribuisco all’altro colpisce la mia svalutazione interna, la paura di non valere, quello che ognuno pensa di se stesso. Quindi, quando ci sentiamo colpiti da quello che proviene dal mondo esterno, possiamo chiederci: cosa colpisce dentro di me? A cosa si aggancia? Cosa sento? Dove sento? Quindi abbiamo la possibilità di divenire consapevoli dei nostri meccanismi interni e di intervenire su di essi. Questo produce in noi forza e libertà.