Sentimenti e relazioni:
la struttura dell’amore

Episodio 170 – Le parole che ci fanno più male: come modificare il linguaggio distruttivo?

A cosa serve il linguaggio? Come possiamo modificarlo in modo costruttivo?
Il linguaggio ci serve a gestire al meglio la nostra mente e, quindi, la nostra vita. Le parole hanno la capacità di essere esperienza. Hanno un potere vibratorio ed evocativo. Richiamano immagini, sensazioni ed esperienza reale dentro di noi. Per questo è importante capire quali sono le parole che ci fanno più male. E in che modo possiamo intervenire sul nostro linguaggio.

Quando parliamo di parole che ci fanno male, generalmente pensiamo che sono quelle pronunciate dagli altri, quelle che riteniamo offensive; in realtà, queste sono il male minore, sono piccoli colpi all’ego e alla nostra immagine. Le parole che ci fanno più male sono le parole vuote, quelle che ci bloccano, che ci lasciano indifferenti, che non producono in noi nessun tipo di esperienza; sono parole morte, che tolgono potere al linguaggio, alla mente e all’esperienza creativa, quella del sé superiore.

Infatti, il nostro sé risponde in modo diverso al linguaggio che usiamo: è spontaneo, è generativo, creativo, ma noi lo uccidiamo con un linguaggio statico, passivo.

Quali sono queste etichette distruttive, queste parole che ci fanno male?
*Le generalizzazioni: il nostro ego generalizza ogni cosa: già so, già lo conosco, sono sempre il solito…funzionano sul principio di economia, ma generalizzare ci blocca. Cosa fare? Possiamo rintracciare nel nostro linguaggio ogni volta che utilizziamo “sempre, mai, la gente, tutti, gli altri, le persone” e chiederci “chi precisamente? Quando precisamente?”
*il confronto: i confronti sono utili nella misura in cui si parla di vita materiale, di qualcosa di misurabile, si mettono a confronto dati concreti. Invece vengono utilizzati da noi per confrontare noi stessi per come siamo con quello che “dovremmo essere”: dovrei essere più…dovrei essere meno…il confronto è l’anticamera del giudizio.
*le cristallizzazioni: sono il tentativo della mente di fermare l’attimo, l’impermanenza, lo scorrere del tempo. Danno vita ai rimpianti, ai rimorsi e si traducono in un rifiuto di continuare a stare nel flusso della vita.
*le doverizzazioni: bloccano l’esperienza e ci tolgono la libertà.

Quali sono invece le parole che ci danno vita?
Le parole sono delle etichette, necessarie per poter entrare in comunicazione con gli altri in un certo modo. Ma quando le abusiamo, quando le utilizziamo in modo distruttivo, rimandano ad un’esperienza vuota, vengono svuotate di significato. Per questo è fondamentale imparare a gestire il linguaggio: gestire il linguaggio significa gestire la vita. Come possiamo fare? Cerchiamo le nostre parole vive, quelle che generano esperienze dentro di noi, quelle che permettono di ricontattare la nostra anima.

Sentimenti e
relazioni:
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Episodio 170 – Le parole che ci fanno più male: come modificare il linguaggio distruttivo?

A cosa serve il linguaggio? Come possiamo modificarlo in modo costruttivo?
Il linguaggio ci serve a gestire al meglio la nostra mente e, quindi, la nostra vita. Le parole hanno la capacità di essere esperienza. Hanno un potere vibratorio ed evocativo. Richiamano immagini, sensazioni ed esperienza reale dentro di noi. Per questo è importante capire quali sono le parole che ci fanno più male. E in che modo possiamo intervenire sul nostro linguaggio.

Quando parliamo di parole che ci fanno male, generalmente pensiamo che sono quelle pronunciate dagli altri, quelle che riteniamo offensive; in realtà, queste sono il male minore, sono piccoli colpi all’ego e alla nostra immagine. Le parole che ci fanno più male sono le parole vuote, quelle che ci bloccano, che ci lasciano indifferenti, che non producono in noi nessun tipo di esperienza; sono parole morte, che tolgono potere al linguaggio, alla mente e all’esperienza creativa, quella del sé superiore.

Infatti, il nostro sé risponde in modo diverso al linguaggio che usiamo: è spontaneo, è generativo, creativo, ma noi lo uccidiamo con un linguaggio statico, passivo.

Quali sono queste etichette distruttive, queste parole che ci fanno male?
*Le generalizzazioni: il nostro ego generalizza ogni cosa: già so, già lo conosco, sono sempre il solito…funzionano sul principio di economia, ma generalizzare ci blocca. Cosa fare? Possiamo rintracciare nel nostro linguaggio ogni volta che utilizziamo “sempre, mai, la gente, tutti, gli altri, le persone” e chiederci “chi precisamente? Quando precisamente?”
*il confronto: i confronti sono utili nella misura in cui si parla di vita materiale, di qualcosa di misurabile, si mettono a confronto dati concreti. Invece vengono utilizzati da noi per confrontare noi stessi per come siamo con quello che “dovremmo essere”: dovrei essere più…dovrei essere meno…il confronto è l’anticamera del giudizio.
*le cristallizzazioni: sono il tentativo della mente di fermare l’attimo, l’impermanenza, lo scorrere del tempo. Danno vita ai rimpianti, ai rimorsi e si traducono in un rifiuto di continuare a stare nel flusso della vita.
*le doverizzazioni: bloccano l’esperienza e ci tolgono la libertà.

Quali sono invece le parole che ci danno vita?
Le parole sono delle etichette, necessarie per poter entrare in comunicazione con gli altri in un certo modo. Ma quando le abusiamo, quando le utilizziamo in modo distruttivo, rimandano ad un’esperienza vuota, vengono svuotate di significato. Per questo è fondamentale imparare a gestire il linguaggio: gestire il linguaggio significa gestire la vita. Come possiamo fare? Cerchiamo le nostre parole vive, quelle che generano esperienze dentro di noi, quelle che permettono di ricontattare la nostra anima.