Episodio 155 – Relazioni: stabilire confini o libertà?

Episodio 155 – Relazioni: stabilire confini o libertà?

Cosa vuol dire stabilire i confini? Che relazione c’è tra confini e libertà? In ogni relazione è fondamentale stabilire dei confini. Questo significa costruire uno spazio di libertà entro cui vivere le proprie relazioni. Ma come si fa a stabilire i propri confini? E perché è così importante? Il termine Confine deriva dal latino cum+finis: finis vuol dire fine, limite; cum significa con, concetto che ci rimanda all’idea di qualcosa di condiviso; il confine è un limite condiviso. Nelle relazioni, se c’è un io il confine presuppone che ci sia un altro. Il confine delimita uno spazio, ma unisce. È un luogo, uno spazio di unione, in cui posso entrare in contatto e conoscere l’altro. E’ un luogo in cui si rende possibile la relazione. Senza confini, infatti, non è possibile entrare in relazione. Perché? Se non delimitiamo il nostro confine non è possibile avere un’identità. Se io non sono io e l’altro non è l’altro si rischia di andare nella con-fusione. Quanto più ho chiaro il mio confine, tanto più potrò entrare in relazione e amare l’altro. L’amore, infatti, è una qualità relazionale. Cosa c’è nei nostri confini? Avere dei confini significa, innanzitutto, conoscersi. Quindi è importante divenire consapevoli di ciò che comprendiamo all’interno dei nostri confini. Nei nostri confini, mettiamo: * Bisogni: se non conosco i miei bisogni non so mettere confini e non posso mettere confini ben definiti; rischio di sconfinare nei bisogni dell’altro; * Valori: cosa è importante per me? Se non so cosa è importante per me, non saprò mettere dei confini e tenderò a prendere come valori ciò che altri presentano come valori. Se, invece, metto un confine inizio a identificare i miei valori; * Idee: io cosa penso? Sviluppare il pensiero critico è essenziale per definire i confini. Pensare in modo critico è un’attività volontaria, che va esercitata. Il rischio, se non sviluppiamo il nostro pensiero critico, è aderire alle idee degli altri senza nessuna consapevolezza; * Sentimenti: qual è il nostro sentire? Sappiamo riconoscere il nostro sentire? Se non mettiamo dei confini rischiamo di confondere il nostro sentire con quello dell’altro; * Aspirazioni: quali sono le nostre aspirazioni? Cosa desideriamo? Sappiamo riconoscere le nostre e distinguerle da quelle dell’altro? Nel momento in cui impariamo a conoscere cosa mettiamo nei nostri confini, in termini di bisogni, idee, valori, aspirazioni e sentimenti, possiamo definire noi stessi, la nostra identità. Definendo noi stessi, i nostri confini, possiamo andare oltre il rischio di con-fonderci con l’altro e oltre la possibilità dell’invasione nella relazione. Avere confini sfumati, infatti, può determinare che ci facciamo invadere nella relazione, ci lasciamo invadere nel nostro spazio dall’altro o che invadiamo l’altro nel suo spazio. Inoltre, avere confini sfumati spesso porta a utilizzare la dinamica della compiacenza, per cui, per paura, andiamo contro il nostro sentire e il nostro pensiero, e diventiamo accondiscendenti con l’altro. L’amore, invece, è libertà. Di esprimere ciò che sento, ciò che penso. Senza paura di perdere l’altro. Come possiamo fare allora a mettere dei confini? Possiamo iniziare MAPPANDO i nostri confini, a partire dall’analisi delle nostre relazioni. In che modo? Su un foglio, tracciamo un puntino al centro, che rappresenta noi stessi e successivamente disponiamo, a partire dal puntino, i nomi delle persone con cui siamo in relazione ad una certa distanza. In questo modo, ci rendiamo consapevoli degli estremi, di chi è vicino, chi è lontano, chi è troppo vicino, etc. E tu, sai mettere dei confini? Dalla risposta si può cominciare a migliorare la capacità di farlo.
Episodio 154 – Veri bisogni o falsi bisogni? Riconosciamoli.

Episodio 154 – Veri bisogni o falsi bisogni? Riconosciamoli.

Come possiamo distinguere i falsi bisogni dai veri bisogni? Come possiamo imparare a riconoscerli? E perché è così importante fare questa distinzione? Ognuno di noi agisce spinto dai propri bisogni; agiamo per soddisfare i nostri bisogni; viviamo per questo. La domanda è: siamo in contatto con i nostri veri bisogni? Entrare in contatto con i nostri bisogni richiede sforzo, impegno, lavoro e, soprattutto, la VOLONTA’ di rinunciare alle attitudini distruttive e alle false soddisfazioni che da esse si possono trarre. Queste attitudini, apparentemente ci danno soddisfazione, ma in realtà ci costano molto, in termini di reale benessere e felicità. L’ostacolo più grande che ci troviamo a dover affrontare è il credere che raggiungere la felicità e la soddisfazione dei nostri veri bisogni sia impossibile, sia solo un’utopia. Il primo passo da fare è prendere consapevolezza delle emozioni represse che ci portiamo dentro dall’infanzia. Tendiamo a ripetere ciò che non abbiamo risolto e riproponiamo alcune situazioni rivivendo lo stesso dolore che abbiamo vissuto in passato, pensando erroneamente di poterlo risolvere nel presente. Perché non possiamo? Perché abbiamo la pretesa che siano gli altri, quindi qualcosa o qualcuno esterno a noi, che non ha nulla a che vedere con il nostro dolore originario, a soddisfare il nostro bisogno. Questi sono i falsi bisogni! Quelli che crediamo che siano gli altri a dover o a poter soddisfare. Sono delle pretese che accampiamo sugli altri. Alla base, abbiamo la convinzione che il dolore causato dai bisogni insoddisfatti del bambino possa essere superato quando si riceve ciò che è mancato nell’infanzia, anche se molti anni dopo. Questo è impossibile! Inseguire i falsi bisogni produce senso di vuoto e frustrazione, ostilità e odio. I veri bisogni invece sono i bisogni dell’adulto: il bisogno di esprimersi, di crescere e di svilupparsi, di realizzare le nostre potenzialità spirituali, di contribuire. Questo produce amore, appagamento, piacere, relazioni mature e soddisfacenti. La sofferenza deriva proprio dal fatto che continuiamo a tentare di soddisfare i nostri falsi bisogni. Ognuno di noi vuole darsi ragione. Se io sto male è perché l’altro non mi da quello di cui ho bisogno. È il circolo vizioso dell’inconsapevolezza. Ci allontaniamo, così, dall’amore, siamo arrabbiati e diamo agli la responsabilità dei nostri problemi e della nostra sofferenza. Se rintracciamo la voce del nostro bambino interiore e cerchiamo di vedere cosa ci è mancato, allora iniziamo a vedere che è qualcosa del passato. E in questo modo possiamo affrontare il dolore, lo sentiamo, scongeliamo quelle emozioni e iniziamo a risolvere quel malessere. Le pretese verso gli altri diminuiranno. I veri bisogni sono i bisogni di un adulto, non sono in relazione all’altro, non sono una pretesa verso l’altro. Sono adulti perché non dipendono dagli altri. L’obiettivo quale deve essere? Deve essere crescere, il desiderio è essere felice, migliorare, essere nell’amore. Anche se spesso abbiamo paura di affrontare i nostri dolori perché pensiamo di non poterli sopportare. Ma nessun dolore può farci morire. Solo il nostro atteggiamento verso il dolore ci fa perire. Se facciamo resistenza, il dolore si stratificherà e ci schiaccerà. Per superare il dolore ed integrarlo dobbiamo iniziare a portare l’attenzione su noi stessi e partire da noi, prendendoci la responsabilità della nostra parte. Quali sono i tuoi falsi bisogni? Quali sono le tue pretese dietro ai bisogni? Quali sono i tuoi veri bisogni?
Episodio 153 – Parlare bene per pensare bene: quali ostacoli?

Episodio 153 – Parlare bene per pensare bene: quali ostacoli?

Hai mai fatto caso alle parole che utilizzi quando ti esprimi? Ti sei mai soffermato a notare quanto sia astratto il tuo linguaggio e a quante volte non esprime esattamente ciò che hai vissuto? Il nostro modo di parlare spesso è riflesso di un disordine interno e questo genera dei pensieri sfumati e confusi, finanche distorti. Accade spesso che siamo prigionieri della nostra mente. Cosa significa? E cosa c’entra il nostro pensiero-linguaggio? Come fa la nostra mente ad imprigionarci? La mente è uno degli strumenti più importanti, utili, funzionali che abbiamo per rendere la nostra vita più piena, per essere più flessibili e adattarci all’ambiente. Come mai allora questo potente e utilissimo strumento spesso ci imprigiona? Cosa è che la mente fa per renderci schiavi? Noi apprendiamo attraverso il pensiero-linguaggio, che ci premette, secondo un principio di economia in base al quale funziona la mente, di non dover apprendere nuovamente qualcosa che abbiamo già appreso. Il nostro apprendimento avviene applicando dei filtri necessari, ovvero dei processi di apprendimento necessari agli individui, per semplificare e velocizzare le scelte ed i comportamenti. Questi processi sono la cancellazione, la generalizzazione e la distorsione. Come li applichiamo per l’apprendimento di semplici comportamenti, allo stesso modo li utilizziamo nelle relazioni e per l’ apprendimento di comportamenti relazionali. Per cui, attraverso questi processi, trasformiamo l’esperienza che abbiamo vissuto e che stiamo comunicando (cancellando alcune parti, generalizzando degli aspetti, distorcendo/interpretando dei significati) in un’esperienza completamente diversa, che, però, diventa la nostra esperienza di riferimento. Cosa possiamo fare allora per mettere ordine nei pensieri? Possiamo prestare attenzione al nostro linguaggio, alle parole che utilizziamo. In particolare, possiamo fare attenzione ai termini che, nel metamodello, vengono definiti ‘universali’( tutti, nessuno, sempre, mai, etc) e ai verbi e sostantivi aspecifici, cioè vaghi e astratti (vorrei più serenità, sto male, mi ferisci, etc.) Per indagare i nostri pensieri occorre farci queste domande: *cosa intendo precisamente per….? quando siamo difronte a verbi e sostantivi non chiari *chi, cosa, quando precisamente…?quando siamo difronte agli universali. Prestando attenzione al nostri pensieri e al nostro linguaggio, facendoci le domande giuste possiamo uscire dalla prigione della nostra mente.
Episodio 152 – Covid e Presenza: limiti e opportunità

Episodio 152 – Covid e Presenza: limiti e opportunità

Come stiamo vivendo questo momento di pandemia? Quali sono le nostre emozioni rispetto al covid? Come reagiamo ad esse? Stiamo vivendo una particolare fase della pandemia, una fase complessa, nella quale entrano in gioco variabili che incidono profondamente sul nostro benessere psicologico, sulla nostra emotività, sulle nostre relazioni. In questo particolare momento, è importante sapersi orientare. Siamo esposti ad un sovraccarico di informazioni: è fondamentale imparare a discernere. Tutte le informazioni che riceviamo hanno un impatto emotivo fortissimo su di noi e le emozioni, infatti, sono il riflesso corporeo di ciò che la mente elabora. Quindi, iniziamo a provare rabbia e paura. Cosa possiamo fare rispetto a questo? Possiamo selezionare il tempo che dedichiamo all’ informazione riguardo al covid, il numero di informazioni da leggere o ascoltare, il tipo di informazioni a cui ci esponiamo. Le nostre reazioni emotive oscillano tra la rabbia e la paura e andiamo in tilt; non sappiamo più che pensare e lasciamo il timone a queste emozioni. Proviamo rabbia perchè sentiamo di subire un’ingiustizia (qualcuno decide per noi, non doveva succedere proprio a noi, non so che fare-impotenza). Abbiamo paura perchè proviamo angoscia per la nostra salute, per quella dei nostri cari, per le persone a cui vogliamo bene. E non vediamo alternative. Ma l’alternativa all’oscillare tra rabbia e paura c’è: è il radicamento nel momento presente. E’ la presenza mentale. La risorsa da sviluppare è l’Adesso, il radicamento nella presenza. Il presente, infatti, è l’unico momento che esiste. Accogliere ciò che è, senza la pretesa di essere sempre presenti e senza la pretesa che sia diverso da come è. Si tratta di cogliere l’opportunità del presente, ben oltre la paura e la rabbia.
Episodio 151 – Che relazione hai col Silenzio? Con Lucia Fani

Episodio 151 – Che relazione hai col Silenzio? Con Lucia Fani

Che relazione hai col silenzio? Cosa è il silenzio? Cosa è per te il silenzio? Lo subisci? Lo ricerchi? Lo temi e, quindi, lo eviti? Come stai nel silenzio? È fondamentale farci queste domande perché la dimensione del silenzio può essere una dimensione di riscoperta di noi stessi. Non si tratta semplicemente di arrestare il rumore; non si tratta soltanto di creare spazi vuoti o imbarazzanti da riempire ad ogni costo; non si tratta neanche di sprofondare in comportamenti anestetizzanti per coprire emozioni che non vogliamo provare. il silenzio è una dimensione in cui incontriamo noi stessi, anche se si manifesta come uno spazio poco delineato rispetto a uno spazio in cui c’è rumore; è un luogo, in cui incontriamo anche il nostro mondo interiore. le nostre parti. E’ un modo per poter riconoscere delle voci che nel rumore non ascoltiamo o che vogliamo zittire. Spesso, infatti, utilizziamo il rumore per anestetizzarci, sia il rumore interno, mentale, sia il rumore esterno. E ci anestetizziamo perchè abbiamo paura, poichè il silenzio parla di noi, della nostra intimità. Ognuno di noi dà un significato diverso al silenzio, una connotazione personale, che varia in base all’esperienza che abbiamo vissuto. Ecco che allora può essere vissuto con imbarazzo, timore, come ostilità, rifiuto, indifferenza; ma può essere anche il luogo dell’ascolto, della quiete, della riflessione e della connessione. Qual è la relazione che tu hai oggi con il silenzio?
Episodio 150 – Vai oltre il dovere: trova ci che vuoi

Episodio 150 – Vai oltre il dovere: trova ci che vuoi

Cosa è il dovere? Cosa vuol dire andare oltre il dovere? Come si arriva a ciò che si vuole? Devo e voglio non sono semplici parole. Sono delle categorie mentali. Per questo sono così potenti. I nostri devo sono delle vere e proprie regole che si celano dietro i nostri NON POSSO: abbiamo una serie di divieti, a causa dei quali ci impediamo di vivere determinare esperienze. Le regole, però, ci servono per vivere insieme agli altri e per vivere, in generale. Per questo abbiamo interiorizzato dei devo nel corso della nostra vita: per poter stare nel mondo. Col tempo, però, siamo rimasti schiacciati dal dovere. I doveri che ci imponiamo possono oscillare tra il dovere più superficiale (devo stirare, devo fare la spesa, etc.) e i devo che possiamo definire ‘nucleari’ (devo stare bene, devo capire, devo essere forte, devo piacere agli altri, etc.). Le doverizzazioni che ci imponiamo creano la realtà che viviamo. Tutt’altra categoria è quella del VOGLIO. Cosa possiamo fare per andare oltre il dovere e arrivare al voglio? Innanzitutto, iniziare a vedere quanti devo abbiamo dentro. E distinguerli dai voglio. E iniziamo a vedere cosa produce un DEVO e cosa produce un VOGLIO. Cosa produce il DEVO? – Fissità e blocco: restiamo fermi: energia bloccata – Obbligo: ci sentiamo obbligati a ‘rispondere’ al comando del devo – Mancanza di volontà: lo faccio perché ‘sono costretto’ – Mancanza di responsabilità: sono inconsapevole – Mancanza di libertà: non vedo possibilità – Rabbia: sensazione di subire e di ingiustizia Cosa produce il VOGLIO? – Movimento/cambiamento: sblocco dell’energia – Motivazione: stimolo all’azione – Aumento del potere/possibilità: capacità di vedere e trovare nuove soluzioni – Scelta: rinforzo della volontà – Libertà: conquista della responsabilità – Gioia: più libertà, più possibilità, più responsabilità In questo modo, guardandone gli effetti, possiamo distinguere i devo dai voglio e possiamo chiederci, per ogni devo che individuiamo: chi o cosa mi obbliga a farlo? Diamoci il permesso di sentire le emozioni che emergono e di attraversarle. Faremo, in questo modo, un nuovo passo verso la scelta, ovvero verso la libertà. E impareremo, finalmente, a trovare ciò che vogliamo. E tu, hai trovato ciò che vuoi?