da Antonio Quaglietta | Feb 10, 2023 | Podcast, emozioni (posdcast), relazioni (poscast)
Quante volte ti è capitato di chiederti: che ruolo ha, o ha avuto, questa persona nella mia vita? Ognuno di noi attribuisce dei significati specifici alle proprie relazioni, investe di particolari compiti le persone più significative che incontra sul proprio cammino di vita e si relaziona ad esse secondo questi significati e compiti. Della nostra vita fanno parte tante persone, ma molto spesso, non sappiamo come orientarci tra i ruoli che affidiamo loro. Spesso non abbiamo una mappatura di questi ruoli. Tra tutti i ruoli, per me, quattro sono particolarmente significativi: l’insegnante, il mentore, il maestro e i compagni di viaggio. L’ insegnante è colui che può trasferirci delle informazioni, ha delle conoscenze, delle nozioni e le passa all’altro. Avere queste persone nella nostra vita è fondamentale. Il ruolo diventa distorto se l’insegnante diventa colui che ne sa di più e quindi vuole mettersi in una posizione di potere/dominio sull’altro. Il mentore è colui che ha una relazione con te, una relazione profonda; può essere rappresentato o da qualcuno che ti conosce bene e che quindi contribuisce alla tua evoluzione, oppure da una persona che non per forza è presente nella tua vita, di cui ammiri le qualità, per cui vorresti farle tue. Il mentore incarna ciò che tu ancora senti di non aver raggiunto; è una persona che ti ispira, ti fa vedere oltre i tuoi limitati confini. Chi è il maestro? Il maestro è colui che fa esperienza e, acquisendo la conoscenza che non è più teorica, astratta, cognitiva, ma è incarnata, te la trasferisce, dandoti sempre la libertà; un maestro vero ha a cuore la tua libertà e ama il confronto e il dialogo e la conoscenza. Ama fare esperienze. Si confronta con il proprio ego, per conoscersi meglio ed evolvere. I compagni di viaggio: questa categoria è una delle più importanti. I compagni di viaggio sono quelli che non vogliono insegnarti la vita, non si danno il ruolo di mentori, sono coloro che sono consapevoli di fare un viaggio insieme a te e sanno mantenere questo tipo di relazione. Una relazione sempre dinamica in cui nessuno cerca il potere sull’altro. Sono relazioni di sostegno, condivisione, di compagnia attiva nel cammino. il compagno di viaggio è l’Amico. È lo stare con… Nella relazione con queste persone è fondamentale comprendere qual è il livello della nostra responsabilità. Per le prime tre figure tendiamo a dare la responsabilità all’altro; si tratta di responsabilità esterna. La nostra richiesta, più o meno esplicita, è ‘risolvi tu la mia vita’; in questo modo stiamo rinunciando alla nostra libertà, al nostro viaggio, al nostro libero arbitrio. Questo genera in noi sfiducia e il risultato sarà la debolezza e la mancanza di energia. La responsabilità interna, invece, è la responsabilità della parte adulta. Ho fiducia in me e negli altri, costruisco la mia forza personale, accresco il mio potere personale, inteso come possibilità. In ogni relazione noi svolgiamo un ruolo in maniera attiva, che ne siamo consapevoli o meno.
da Antonio Quaglietta | Feb 10, 2023 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast), relazioni (poscast)
Ricominciare è un processo complesso, formato da molti elementi. Se impariamo a conoscere la complessità del sistema, diventa semplice capire e iniziare a fare il necessario per ricominciare. Quali sono i passi per ricominciare? 1) Fare: finchè non agiamo, siamo nel pensare, nel mondo della mente che ci inganna, nel valutare per decidere, per capire se ne vale la pena o meno. Ricorda: l’azione fuga i dubbi che la mente crea! 2) Unificare: unire pensiero, emozioni, azioni, intenti, obiettivi e obiettivi. Come facciamo ad unificare? Focalizzando il nostro perché. Chiediti: qual è il mio perché? Se conosco il perché faccio le cose, allora inizio a farle. I perché razionali spesso sono lontani dalla vera spinta per cui facciamo le cose. Spesso noi non lo sappiamo. 3) Tempificare: molti dei nostri progetti restano astratti perché procrastiniamo. Dobbiamo darci una scadenza in cui prevediamo di iniziare e raggiungere i nostri obiettivi. 4) Ricordare gli apprendimenti del passato. Tendiamo a ripetere gli stessi errori, ci rimettiamo nelle stesse situazioni, facendo le stesse cose sperando che producano risultati diversi. Ricordare il passato e apprendere ci consente realmente di ricominciare. Escludendo le cose già fatte. Se vogliamo ottenere qualcosa di nuovo, dobbiamo inserire qualcosa che non abbiamo fatto finora. 5) Organizzare: se abbiamo tante cose che vogliamo fare, e non siamo organizzati, non riusciamo a farle. Organizzare significa strutturare il nostro fare in modo che porti una novità nella nostra vita senza sconvolgerla. 6) Rinunciare: finchè non sei disposto a rinunciare a qualcosa non potrai ottenere qualcos’altro; è la base della scelta. Rinunciare a cosa? Per prima cosa alle abitudini; vuol dire iniziare a fare qualcosa di nuovo; rinunciare all’idea che abbiamo di noi. Dobbiamo metterci in gioco. Quanto sei disposto a scoprire cose nuove di te stesso?
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast), relazioni (poscast)
Nella società attuale siamo abituati al tutto e subito e vorremmo il benessere immediato ed istantaneo. Non esiste, però, la pozione magica per risolvere i problemi, avere benessere e stare bene. Arrivare al benessere è un processo: non è istantaneo, non è per sempre, poiché ogni cosa è impermanente, ed è tangibile e reale, a patto che venga coltivato. Ma come si può coltivare benessere? Ecco 5 passi: – Primo passo: prepara il terreno. Cosa rende il terreno incoltivabile? La rigidità. Tutto ciò che è rigido ci impedisce di fiorire. Ci sono tanti comportamenti, atteggiamenti che accrescono le nostre rigidità; ciò che possiamo chiederci è: perché non fiorisce la vita dentro di me? Cosa impedisce la vita dentro di me? Trova le tue rigidità! Rendere il terreno pronto vuol dire imparare ad essere recettivi e flessibili. – Passo due: scegli cosa piantare. Spesso noi non pratichiamo questo verbo: il verbo scegliere. È la prima responsabilità che la vita ci mette davanti; noi giudichiamo e pensiamo di scegliere, ma giudicare non è piantare. Per poter scegliere è necessario impegnarci e mettere energia nel discernimento, vedere le cose per come sono. Da dove si parte? Dal chiedersi: che cosa mi fa bene? Spesso questo non coincide con quello che ci piace. – Terzo passo: impara come coltivare il seme scelto. Abbiamo bisogno di conoscere cosa uccide il seme e cosa lo nutre e imparare a discernere. – Quarto passo: cura terreno e seme. Curare vuol dire essere attenti ai nostri nemici interni ed esterni: pensieri intrusivi, le svalutazioni, la convinzioni limitanti, etc… Bisogna saperle tenere d’occhio. E per farlo possiamo chiederci: che cosa è che mina il mio progetto di benessere? Prendersi cura vuol dire anche saper mettere e mantenere i confini. – Quinto passo: goditi la pianta e i frutti. Molto spesso abbiamo incapacità a godere del nostro benessere e non sappiamo provare piacere. Appena raggiungiamo un risultato, appena stiamo bene, la mente ci proietta in un prossimo obiettivo e temiamo lo stare nel piacere quasi come quanto lo stare nel dolore. Anche il benessere non ce lo sappiamo godere. Quali sono i frutti del benessere? Più sto bene e più ho possibilità relazionali con me e con gli altri. Quando il benessere fiorisce i frutti sono maggiori possibilità di scegliere, di donare, di prendere, di vivere pienamente la vita che siamo.
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast), relazioni (poscast)
Come possiamo andare oltre il complesso di inferiorità? Il senso di inferiorità è una sensazione molto forte, che, appunto, ci sentiamo addosso. Ci sono degli elementi da considerare che caratterizzano il complesso di inferiorità: • Omologazione: è quel concetto secondo cui tutti dobbiamo essere uguali. Se c’è un modello condiviso da seguire, quando ci discostiamo dal modello di riferimento, ci sentiamo diversi e quella diversità la valutiamo come inferiorità. Spesso l’omologazione è anche su fattori interni. • Standard idealizzati (falsi): abbiamo elevati termini di paragone; i social hanno contribuito a creare standard irraggiungibili perché inesistenti. Viviamo nella società dell’immagine che rimanda ciò che non è reale. • Generalizzazioni: nascono dal desiderio di piacere a tutti. Se non piacciamo a qualcuno ci sentiamo inferiori. Nessuno può piacere a tutti, ma sembra che non ce ne rendiamo conto. E spesso quando non sappiamo fare qualcosa, la facciamo diventare chi siamo. • Convinzioni di amabilità: sono quelle convinzioni nucleari e sono non consapevoli. Sono nel nostro inconscio. Riguardano tutte quelle condizioni che mettiamo al nostro essere amabili: sono amabile solo se…non valgo se… • Perfezionismo: se abbiamo standard idealizzati, ci fissiamo obiettivi che sono sempre superiori e irraggiungibili, non li raggiungeremo mai e ci sentiremo inadeguati. Molto spesso il senso di inferiorità genera il bisogno di dimostrare agli altri chi siamo, che valiamo. Quanto più ci sentiamo inferiori, tanto più sentiamo il bisogno di dimostrare. Sentirsi inferiore è un frutto della mente, dei nostri condizionamenti. Cosa fare per iniziare a superare il senso di inferiorità? Il punto di partenza è l’amore di sé, che comprende alcune caratteristiche: • Unicità: devo riconoscere quando la mia mente fa paragoni con l’altro e iniziare a comprendere che ognuno di noi è unico. E che è necessario curare la nostra unicità. • Standard realistici: dobbiamo darci degli standard realistici e realizzabili. • Differenze di capacità: occorre riconoscere che, quando ci paragoniamo all’altro, è più sano farlo evidenziando quali sono le nostre capacità e non sminuendoci. • Accettazione: sono amabile come sono; accettare come siamo. Guardarsi con occhio amorevole, equo, che distingue e non giudica. • Amare la mia perfetta umana imperfezione: sono imperfetto come essere umano e questo mi rende unico e perfetto proprio perché sono imperfetto. Se lo accetto mi accorgo che non ho nessuna immagine da difendere e posso sciogliere le rigidità e mostrarmi per come sono.
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast), relazioni (poscast)
Cosa è una maschera? Molto spesso abbiamo un’ idea della maschera errata: crediamo che la maschera sia la parte che volontariamente mente, la parte che finge. La maschera in realtà si manifesta ogni volta che ci identifichiamo con una nostra parte. Sostanzialmente, abbiamo 3 parti principali. Utilizzando il linguaggio di Eva Pierrakos, ( qui la lezione del Sentiero https://www.bibliotecadelsentiero.org/lez-14-se-superiore-se-inferiore-e-maschera.html) le suddividiamo in: • Sé superiore: è la parte più pura, evoluta e connessa al tutto e agli altri, è la nostra parte elevata, che aspira all’amore e ha in sè le qualità umane più alte; • Sé inferiore: è l’ ego, quella parte condizionata, impaurita e traumatizzata, che desidera difendersi e avere potere sugli altri. L’ego sente che, se non ha potere, muore. • Il sé maschera: il sé inferiore e il sé superiore entrano in conflitto, poiché da bambini capiamo che il nostro ego non è ben visto dagli altri e se ne seguiamo le tendenze resteremo soli. Presto impariamo che abbiamo delle tendenze egoiche ma dobbiamo ben nasconderle per stare con gli altri. Piuttosto che affrontarle le nascondiamo. Per nasconderle agli altri, le nascondiamo anche a noi stessi. Ciò che è inaccettabile per noi, lo mandiamo giù nell’inconscio, non lo vediamo e lo subiamo. Creare una maschera vuol dire non confrontarsi con il proprio ego, con il proprio sé inferiore. Creiamo, in questo modo, una spaccatura tra ciò che sentiamo e ciò che facciamo. La consapevolezza è la via di uscita. Nella consapevolezza, pensieri, emozioni e comportamenti tendono tutti dalla stessa parte. Sentiamo le nostre parti, le riconosciamo e non le neghiamo. E ci confrontiamo con esse. Il vero test per comprendere se siamo nella maschera sono i sentimenti e le emozioni. È quello che proviamo, senza ingannarci. Capiamo che siamo nella maschera, nella falsità, quando non esprimiamo ciò che sentiamo, quando le emozioni sono diverse da quelle che esprime un gesto sincero. Il test è quello che sentiamo, non quello che pensiamo. Non bisogna uccidere l’ego, ma integrarlo, vederlo e portarlo a coscienza. Vedere le nostre parti ci permette di conoscerle e di conoscerci. Quando iniziamo a conoscere le nostre maschere, non possiamo più ignorarle, ma ci possiamo lavorare per accrescere la nostra consapevolezza. Le scopriamo per conoscerle, e così ci liberiamo da quelle maschere, iniziamo a darci permessi e ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni. Seguite le emozioni negative e scoverete l’ego. Trovato l’ego, confrontatevi con esso e le maschere cadranno.
da Antonio Quaglietta | Ott 21, 2022 | Podcast, emozioni (posdcast), mente (podcast)
Il cambiamento ha alcune caratteristiche fondamentali che lo contraddistinguono: • il cambiamento è inevitabile e continuo: la vita è cambiamento; se cristallizziamo il tempo, ci opponiamo alla vita. L’impermanenza è una delle leggi fondamentali della vita. • Il cambiamento attiva resistenze: una parte di noi non è mai soddisfatta e vuole cambiare oppure vuole che le cose restino così come sono; quindi queste parti entreranno in conflitto, attivando delle resistenze al cambiamento. • Il cambiamento è desiderato e temuto allo stesso momento. • Il cambiamento attiva significati e convinzioni profonde: ci rapportiamo al cambiamento in modo razionale, ma in realtà ci sono in gioco molti significati e convinzioni inconsce e profonde: non scegliamo razionalmente. In realtà il cambiamento avviene sempre, che noi ne siamo consapevoli o meno. La paura del cambiamento è uno degli ostacoli più grandi al cambiamento. Spesso ci opponiamo al cambiamento perché non abbiamo le idee chiare su cosa vogliamo e perché. Quindi è necessario porsi delle domande per poter dare una direzione al cambiamento: • Cosa vogliamo davvero? • Perché lo vogliamo? Cosa ci spinge, qual è la motivazione? • Quali effetti speriamo di ottenere? • Cosa ci fa stare bene e cosa no? Bisogna scrivere le risposte a queste domande, perché è scrivendo che emergono i conflitti interni e le incoerenze che abbiamo.
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