Quanto vuoi essere consapevole?

Quanto vuoi essere consapevole?

Quanto vuoi essere consapevole? Quanto sei consapevole? Qual è il tuo livello di consapevolezza in questo momento? Integrando il lavoro di Byron Katie, vediamo che esistono tre gradi di consapevolezza. Il primo livello di consapevolezza è, in realtà, un livello di totale inconsapevolezza. A questo livello sentiamo di non avere potere nella nostra vita e il nostro livello di consapevolezza è pari a zero. Proviamo malessere. La realtà interna registra i dati della realtà esterna e siamo convinti che quello che ci accade dipende dall’esterno, che le cose accadono per caso e siamo eternamente insoddisfatti, in quanto, se da un lato ci sentiamo sollevati dal non doverci assumere la responsabilità di ciò che ci accade, dall’altro questo implica per noi l’impossibilità di decidere per la nostra stessa vita. Il secondo livello di consapevolezza è quello di consapevolezza di base. Essere consapevoli a questo livello significa sapere di poter gestire pensieri ed emozioni. In questo caso siamo consapevoli ‘a metà’, è un livello medio di consapevolezza. Le resistenze che si attivano sono molto alte. Perché devo gestire io le emozioni che mi procurano gli altri? Il secondo livello è basato sui significati che diamo alle realtà esterna. A questo livello cominciamo ad essere consapevoli delle nostre possibilità di agire sulla realtà esterna e cominciamo a vedere le nostre responsabilità e, di conseguenza, le nostre possibilità. Il terzo livello di consapevolezza è quello della consapevolezza superiore, che porta ad un’azione semplice quanto difficile: osservare la mente. Aldilà dei significati che attribuiamo alla realtà esterna, cominciamo ad essere consapevoli del fatto che non siamo i nostri pensieri. Noi siamo l’entità oltre la mente. Anche a questo livello si attivano molte difese: chi saremmo senza la nostra storia? Si sgretola l’identità e quindi si attivano le difese. Quindi chi siamo? Siamo l’entità che c’è oltre la mente. A questo livello impariamo ad osservare i prodotti della mente. e andare oltre la sofferenza che deriva dal pensiero. Ognuno di noi, una volta acquisita questa consapevolezza, può decidere quanto vuole essere consapevole nella sua vita. E tu, quanto vuoi essere consapevole? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Cambiamento: 7 ostacoli da superare

Cambiamento: 7 ostacoli da superare

Cambiamento: 7 ostacoli da superare Cosa è per noi il cambiamento? Perché nonostante gli sforzi che facciamo, non otteniamo il cambiamento che vogliamo? Perché abbiamo resistenze al cambiamento? Quando vogliamo cambiare e non ci riusciamo, quando vincono le nostre resistenze al cambiamento, quando restiamo bloccati esattamente nel punto in cui ci troviamo e preferiamo lo status quo piuttosto che rischiare il cambiamento, fermiamoci! Fermarsi è importante per riuscire a vedere quali sono quegli ostacoli che impediscono la nostra evoluzione personale. Rendersi consapevoli della mappa di questi ostacoli ci aiuta finalmente a sbloccare il nostro cammino verso l’evoluzione e ottenere il cambiamento che più desideriamo. Quali sono questi ostacoli? – Ostacolo numero 1: tutto ciò che è sconosciuto. Il cambiamento ci fa paura, perché ci sposta da dove siamo per andare verso qualcosa che non conosciamo. – Ostacolo numero 2: la responsabilità. Se facciamo qualcosa di nuovo, se produciamo un cambiamento, ne vedremo gli effetti e dovremo essere in grado di rispondere a quella nuova situazione, dovremo prendercene la responsabilità. – Ostacolo numero 3: il vittimismo. Cambiare attivamente ci impedisce di sentirci vittime: perdiamo tutta una serie di benefici legati alla nostra situazione di partenza. – Ostacolo numero 4: la nostra ombra. Dobbiamo imparare a vedere la nostra ombra ed accogliere le nostre parti, anche quelle che ci sembrano meno amabili. Quando ci confrontiamo con l’ombra, possiamo integrare e crescere davvero. – Ostacolo numero 5: l’orgoglio. L’orgoglio si lega alla pretesa (e l’illusione) di essere e voler essere solo in un modo…io devo essere così…in questo modo neghiamo tutte le nostre altre parti. – Ostacolo numero 6: la fatica. Per ottenere un cambiamento ci vuole sforzo e fatica. Ci vuole impegno. Attenzione, però, al mito che il cambiamento debba essere per forza duro, doloroso, irraggiungibile e lontano nel tempo. O, al contrario, vediamo il cambiamento come qualcosa che si può ottenere con le super tecniche veloci e immediate! Ci vuole del tempo, ognuno il proprio tempo. – Ostacolo numero 7: illusione di controllo. Chiediamoci: è possibile avere il controllo sulle nostre relazioni? o su noi stessi? Il controllo non esiste. Abbiamo l’illusione di controllo. Lavorare sul bisogno, sulla paura che c’è dietro al tentativo di controllo è una possibilità per mollare il controllo e rendere concreto il cambiamento. Quali sono i tuoi ostacoli al cambiamento? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Oltre la confusione

Oltre la confusione

Oltre la confusione Cosa è la confusione? Cosa vuole dire essere confusi? Da dove nasce la confusione e cosa produce? La confusione, fondamentalmente, produce malessere. Cosa vuol dire confondere? Fondere insieme. Che cos’è che confondiamo? Innanzitutto, abbiamo una grande confusione rispetto al nostro mondo interno e spesso non riusciamo a gestirlo. Siamo abbastanza impotenti ed ignoranti, rispetto a chi siamo e cosa c’è dentro di noi. Per andare oltre la confusione ed iniziare a fare chiarezza dentro di noi, è necessario partire dalla considerazione che il nostro sistema mente-corpo ha 5 componenti fondamentali: *emozioni *pensieri *bisogni *percezioni *sentimenti Tutte queste componenti funzionano come un sistema ed occorre integrarle, altrimenti entriamo in conflitto. Le emozioni sono energia che ci attraversa, hanno una forte componente fisica, sono strettamente collegate a pensieri e bisogni ed hanno una durata molto ridotta. I pensieri rappresentano il prodotto della nostra attività mentale e sono immagini, frasi, parole, odori e producono emozioni. I bisogni sono le condizioni che noi crediamo che debbano essere soddisfatte per star bene; possiamo distinguere i bisogni reali (primari) e bisogni indotti (secondari). Sono la causa delle nostre emozioni, nel senso che le emozioni scaturiscono dal bisogno non soddisfatto. Se sono in contatto con i miei bisogni riesco a gestire anche le mie emozioni. Le percezioni sono costruite dal processo di organizzazione dei dati grezzi esterni per dare un significato a ciò che accade. Servono per riportare la realtà esterna a confronto con la realtà interna. I sentimenti sono legami affettivi che spesso vengono scambiati con le emozioni. Il sentimento è un legame che si estende nel tempo, è fondato ed è fondante di una relazione, e richiede conoscenza, scambio e permette di conoscersi, di confrontarsi e di regolare la relazione, di crescere in una relazione lungo i suoi diversi momenti. La confusione nasce dal fatto che non distinguiamo più le varie componenti (emozioni, percezioni, pensieri, bisogni e sentimenti) e quindi si creano confusione e conflitto interno. Per vivere bene è necessario andare oltre la confusione imparando a conoscerci, a vedere che siamo fatti di parti e a comprendere che, una volta conosciuto ciò che abbiamo dentro, possiamo governare al meglio la nostra vita.
Controllo di sè o spontaneità?

Controllo di sè o spontaneità?

Controllo di sè o spontaneità? Quanto controllo razionale c’è nel relazionarci agli altri? Quanta spontaneità, invece, mettiamo nelle nostre relazioni? La mente, attivando il controllo di sé, vuole trovare le parole giuste per presentare all’altro un personaggio che ci costruiamo: zero spontaneità, in favore della maschera e del controllo. Perché tutto questo controllo? Perché abbiamo paura di chi siamo e, con le parole, cerchiamo di controllare la nostra realtà e l’ immagine di noi che vogliamo dare agli altri. Questo, però, crea scissione dentro di noi e le nostre parti entrano in conflitto. Diventiamo quindi incoerenti. L’incoerenza interna si manifesta anche nella comunicazione, con un’ incongruenza comunicativa, che si mostra soprattutto col linguaggio non verbale. Per superare questa incoerenza ed andare oltre il controllo verso una maggiore spontaneità dobbiamo imparare ad essere trasparenti, ad essere veri. La vera crescita avviene, infatti, in un contesto di congruenza e verità. E tu, riesci a lasciare andare il controllo? Quanta spontaneità c’è nelle tue relazioni? Fammi sapere nei commenti, Antonio.
L’interpretazione dell’ego

L’interpretazione dell’ego

L’interpretazione dell’ego La maggior parte dei nostri conflitti non deriva da ciò che l’altro dice o fa, ma da quali significati il nostro ego attribuisce alle azioni e alle parole dell’altro. Diamo cioè un determinato significato ad un evento, una parola, in base all’interpretazione dell’ego. Ognuno di noi utilizza un linguaggio specifico, che consiste nella capacità di dotare di significato dei suoni. Questo linguaggio è strettamente legato alla nostra cultura e alle nostre esperienze. O meglio, il significato che diamo alle parole che utilizziamo è frutto delle esperienze che abbiamo vissuto e del contesto in cui siamo cresciuti. Ogni volta che una persona ha un comportamento, dice una parola, ci guarda in un modo, il nostro ego, che lo vogliamo o meno, dà un significato che dipende da tutto quello che abbiamo vissuto, dal nostro passato. Diamo significati in base all’interpretazione dell’ego, che è figlia della nostra esperienza. Allora ascoltare attivamente significa cercare il significato che dà chi sta parlando, prima di quello del nostro ego. Ascoltare attivamente una persona vuol dire chiederci (o chiedere direttamente all’altro) cosa significa per lui ciò che sta dicendo, non cosa significa per noi, che dipende dall’interpretazione del nostro ego. La mente, l’ego sposta sempre su di noi e personalizza; dà un’ interpretazione sulla relazione. Scoprire il gioco dell’ego significa capire che c’ è sempre un’interpretazione dell’ego a ciò che accade, che siamo noi a dare il significato. Ci sono, senza dubbio, diverse probabilità interpretative, ma interpretiamo sempre in base al nostro vissuto. Ascolto attivo significa fermarsi prima di interpretare e con delle domande pertinenti e specifiche andare più a fondo per arrivare al significato dell’altro e comprendere il suo vissuto. E tu, quanto sei consapevole che i tuoi significati sono frutto dell’interpretazione dell’ego? Fammi sapere nei commenti, Antonio.
Oltre la sofferenza: problema e soluzioni

Oltre la sofferenza: problema e soluzioni

Oltre la sofferenza: problema e soluzioni La sofferenza è una spia che si accende che ci indica che c’è un problema. La sofferenza, però, è una spia aspecifica, è un indicatore che c’è qualcosa da modificare, perché il sistema non è in equilibrio. In che modo la sofferenza è legata al problema? E come possiamo trovare delle soluzioni al nostro problema, andando oltre la sofferenza? Innanzitutto, per poter definire il problema in modo concreto e preciso, va distinta la sofferenza necessaria da quella inutile e avere così un primo indicatore. La vita cambia e bisogna adattarsi. questo adattamento ci richiede uno sforzo e noi andiamo in stress. La sofferenza necessaria ci fa crescere, ci fa diventare intelligenti; nella ricerca di soluzioni al problema, impariamo qualcosa in modo naturale. Affrontando i problemi, quindi, cresciamo, impariamo, che vuol dire che evolviamo. La sofferenza, infatti, è strumentale all’evoluzione. Quando alla sofferenza necessaria sovrapponiamo l’attività della mente, i giudizi, i non è giusto, ci lamentiamo, andiamo in stress e tutto ciò ci impedisce di crescere. La sofferenza, quindi, è la spia che indica un PROBLEMA. il problema è una perturbazione di un sistema che non gli permette di essere nell’equilibrio migliore. Tuttavia, se c’è un problema, ci sono delle soluzioni. Noi spesso pensiamo che le soluzioni siano riportare il sistema all’equilibrio (soluzione riparativa: si aggiusta qualcosa). Però c’è una regola nella vita: non è possibile tornare indietro. Bisogna trovare un nuovo equilibrio. La soluzione è un nuovo equilibrio: la vita ci chiede di modificare qualcosa per cercare un nuovo equilibrio funzionale. Soluzione vuole dire modificare, vuol dire cambiamento. Ci sono però degli impedimenti. Spesso ci fermiamo alla sofferenza, senza riuscire ad andare oltre la sofferenza stessa: ci lamentiamo e ci crogioliamo, senza nemmeno riuscire ad individuare il problema. Quando, invece, riusciamo ad individuare il problema possiamo incappare in un altro impedimento: neghiamo il problema. non agendo quando dovremmo agire. Oppure, ci può capitare di agire quando non dovremmo agire. Questo genera un conflitto: seguiamo i nostri bisogni, l’altro non lo vediamo proprio. Un altro impedimento è il riflettere costantemente sul problema: iniziamo a pensare sul problema, a cercare le cause, a voler capire come funziona, capire i perché. Però, per riuscire a superare la sofferenza, è necessario capire che il comportamento umano non ha solo una causa. La convinzione che se trovi la causa trovi la soluzione è di tipo psicanalitico, ma è una concezione culturale, che ha grossi limiti e non ha riscontri nella realtà. cercare le cause nel passato, non risolve, non da’ indicazioni su come risolvere i problemi.se non modifichiamo qualcosa nel presente, non serve pensare al passato. Per andare oltre la sofferenza, quindi, e trovare soluzioni al problema, occorre innanzitutto definire il problema, quindi non cercare le cause nel passato, ma vedere come le variabili in modo sistemico si influenzano tra di loro. E che spesso, modificando una variabile, si modifica l’intero sistema e si arriva alla soluzione del problema e, quindi, al superamento della sofferenza.