Cambiamento: voglio cambiare davvero?

Cambiamento: voglio cambiare davvero?

Cambiamento: voglio cambiare davvero? Cambiamento: basta voler cambiare, per riuscire a cambiare veramente? In questo video approfondiamo il tema del cambiamento, soffermandoci su uno dei suoi aspetti fondamentali: la concretezza. Cambiare si può! Il cambiamento è sempre concreto. Altrimenti, non è cambiamento. Se io dico ‘Voglio cambiare veramente’, ma penso solo alle grandi trasformazioni, a tutto quello che voglio cambiare dentro di me, sarò, con molta probabilità, spaventato dal cambiamento. Per superare la paura del cambiamento generata proprio da questo pensare in grande, è necessario focalizzare la propria attenzione sui piccoli cambiamenti concreti che possiamo attuare nella direzione del grande cambiamento che vogliamo ottenere. Se, ad esempio, ti manca la relazione con l’altro, qual è il più piccolo concreto cambiamento che puoi fare? Magari puoi fermarti con i colleghi per prendere insieme un caffè prima di iniziare a lavorare oppure chiamare la tua collega anche al di fuori dell’orario di lavoro. Occorre fare piccoli passi in direzione del cambiamento, che siano soprattutto caratterizzati dalla concretezza. Quali sono i piccoli gesti concreti che stai facendo per cambiare? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Impara a circoscrivere un problema

Impara a circoscrivere un problema

Impara a circoscrivere un problema Cosa vuol dire circoscrivere un problema? Come si fa a circoscrivere un problema? La prima cosa da fare è imparare a definire un problema. I problemi che abbiamo ci procurano spesso una dose di sofferenza. La sofferenza è una sensazione mentre il problema è qualcosa che deve essere definito e circoscritto. Per passare dalla sofferenza al problema cosa bisogna fare? Quando ho una sensazione, questa è una spia che mi sta indicando che esiste un problema che bisogna circoscrivere per essere affrontato e per trovare una eventuale soluzione. Come? Il primo passo è formulare delle domande specifiche per circoscrivere il problema. – Dove? Individuare dove è il problema, dove provi sofferenza, in quali contesti, in che ambiente proviamo sofferenza e si presenta il nostro problema. – Con chi? Con quali persone? – Quando? Quando proviamo sofferenza? Ci capita sempre o qualche volta (individuiamo le eccezioni) – Che sensazione proviamo? Dove la sentiamo nel corpo? Nel formulare delle risposte a queste domande, è necessario essere più specifici possibile. Una volta risposto a queste domande, abbiamo una descrizione confinata del problema. Quindi possiamo chiederci cosa abbiamo fatto finora per risolvere il problema, individuando le Tentate Soluzioni Disfunzionali, ovvero tutto ciò che abbiamo messo in atto nel tentativo di risolvere un problema, ma che non lo ha risolto, ma che, anzi, lo ha alimentato: abbiamo un problema, ci attiviamo per fare ( o non fare, o anche per pensare), ma non risolviamo, perché molto spesso noi vediamo al problema come qualcosa di esterno a noi; invece ciò che facciamo è parte del problema. Ci attacchiamo alle nostre convinzioni rispetto al problema e alle sue possibili soluzioni, ma solo superando questo attaccamento possiamo risolvere i problemi.
Migliorare imparando a peggiorare (Seconda parte)

Migliorare imparando a peggiorare (Seconda parte)

Migliorare imparando a peggiorare (Seconda parte) E’ possibile migliorare imparando a peggiorare una situazione? Come si può migliorare, peggiorando? Utilizzando una logica non ordinaria, si può! La mente, quando abbiamo un problema, si concentra su come migliorare la situazione; questo genera un rumore mentale e una ripetitività nei pensieri, che ci porta ad avere sempre gli stessi comportamenti e a compiere sempre le stesse azioni difronte ad un problema che non riusciamo a risolvere. Per stoppare questo meccanismo, possiamo provare a migliorare imparando a peggiorare,a migliorare pensando come peggiorare. In che modo? Utilizzando una tecnica precisa di logica non ordinaria: la tecnica del ‘come peggiorare’. Occorre chiedersi: se io volessi peggiorare volontariamente questa situazione cosa dovrei fare, non fare, pensare, non pensare ? Quindi rispondere a queste domande. Cosa accade alla mente? Ciò che emerge dall’analisi che facciamo sulle nostre azioni e sui nostri pensieri sono le nostre Tentate Soluzioni Disfunzionali, ovvero ciò che facciamo e che abbiamo fatto fino a quel momento per risolvere il problema, ma che, invece di risolverlo, lo ha mantenuto e, forse, addirittura peggiorato. Con questa tecnica, noi mettiamo la mente contro se stessa: per un principio di coerenza interna, iniziamo a non fare più quello che abbiamo visto che non porta alla soluzione del problema, ma lo peggiora. Quindi, si può migliorare imparando a peggiorare? Sì. Prova anche tu a migliorare peggiorando e fammi sapere nei commenti come va. Antonio
Migliorare imparando a peggiorare (Seconda parte)

Migliorare imparando a peggiorare (Prima parte)

Migliorare imparando a peggiorare (Prima parte) E’ possibile migliorare imparando a peggiorare una situazione? Come si può migliorare, peggiorando? Utilizzando una logica non ordinaria, si può! La mente, quando abbiamo un problema, si concentra su come migliorare la situazione; questo genera un rumore mentale e una ripetitività nei pensieri, che ci porta ad avere sempre gli stessi comportamenti e a compiere sempre le stesse azioni difronte ad un problema che non riusciamo a risolvere. Per stoppare questo meccanismo, possiamo provare a migliorare imparando a peggiorare,a migliorare pensando come peggiorare. In che modo? Utilizzando una tecnica precisa di logica non ordinaria: la tecnica del ‘come peggiorare’. Occorre chiedersi: se io volessi peggiorare volontariamente questa situazione cosa dovrei fare, non fare, pensare, non pensare ? Quindi rispondere a queste domande. Cosa accade alla mente? Ciò che emerge dall’analisi che facciamo sulle nostre azioni e sui nostri pensieri sono le nostre Tentate Soluzioni Disfunzionali, ovvero ciò che facciamo e che abbiamo fatto fino a quel momento per risolvere il problema, ma che, invece di risolverlo, lo ha mantenuto e, forse, addirittura peggiorato. Con questa tecnica, noi mettiamo la mente contro se stessa: per un principio di coerenza interna, iniziamo a non fare più quello che abbiamo visto che non porta alla soluzione del problema, ma lo peggiora. Quindi, si può migliorare imparando a peggiorare? Sì. Prova anche tu a migliorare peggiorando e fammi sapere nei commenti come va. Antonio
Perché non ci riesco? (Seconda parte)

Perché non ci riesco? (Seconda parte)

Perché non ci riesco? (Seconda parte) Perché non ci riesco? Perché, nonostante i miei sforzi, non ci riesco? Quante volte ti capita di dire che non ci riesci a fare qualcosa? Quante volte ti chiedi ripetutamente il perché non ci riesci? Chiedersi il perché non è una buona pratica: ci fa restare bloccati in una escalation di risposte possibili che non hanno quasi mai una reale conclusione in una soluzione concreta, in quanto si attiva una catena di possibilità e non riusciamo a vedere e capire cosa è veramente utile per noi. La domanda utile che possiamo porci è: quali risorse mi mancano? E’ necessario cercare le risorse che ci mancano. Risorse interne e risorse esterne. E se non ci riesco? Per trovare una risposta e per trovare le risorse, bisogna guardare alla esperienza che abbiamo vissuto e darsi dei feedback. In questo modo possiamo individuare il nostro bisogno e comprendere cosa ci manca per poterlo soddisfare. Non ci riesco non è una frase reale, perché non si aggancia a un dato di realtà. è una generalizzazione di qualcosa che non ho fatto, in un mondo senza tempo. Non è concreta. Spesso rinunciamo a fare qualcosa o ci sentiamo spaventati, irritati, impotenti, davanti a qualche azione o scelta che non riusciamo a portare a termine. Come mai accade? Cosa c’è veramente sotto a questo non riuscirci? Per riuscire ad andare oltre questo non riuscirci, è necessario trovare le risorse che ci mancano, vedere i nostri bisogni e fare il più piccolo passo concreto per reperire le risorse necessarie per soddisfare i nostri bisogni. ‘Perché non ci riesco’ diventa allora ‘di quali risorse ho bisogno per’: questo è il primo passo verso ciò di cui abbiamo bisogno.
Perché non ci riesco? (Seconda parte)

Perché non ci riesco? (Prima parte)

Perché non ci riesco? (Prima parte) Perché non ci riesco? Perché, nonostante i miei sforzi, non ci riesco? Quante volte ti capita di dire che non ci riesci a fare qualcosa? Quante volte ti chiedi ripetutamente il perché non ci riesci? Chiedersi il perché non è una buona pratica: ci fa restare bloccati in una escalation di risposte possibili che non hanno quasi mai una reale conclusione in una soluzione concreta, in quanto si attiva una catena di possibilità e non riusciamo a vedere e capire cosa è veramente utile per noi. La domanda utile che possiamo porci è: quali risorse mi mancano? E’ necessario cercare le risorse che ci mancano. Risorse interne e risorse esterne. E se non ci riesco? Per trovare una risposta e per trovare le risorse, bisogna guardare alla esperienza che abbiamo vissuto e darsi dei feedback. In questo modo possiamo individuare il nostro bisogno e comprendere cosa ci manca per poterlo soddisfare. Non ci riesco non è una frase reale, perché non si aggancia a un dato di realtà. è una generalizzazione di qualcosa che non ho fatto, in un mondo senza tempo. Non è concreta. Spesso rinunciamo a fare qualcosa o ci sentiamo spaventati, irritati, impotenti, davanti a qualche azione o scelta che non riusciamo a portare a termine. Come mai accade? Cosa c’è veramente sotto a questo non riuscirci? Per riuscire ad andare oltre questo non riuscirci, è necessario trovare le risorse che ci mancano, vedere i nostri bisogni e fare il più piccolo passo concreto per reperire le risorse necessarie per soddisfare i nostri bisogni. ‘Perché non ci riesco’ diventa allora ‘di quali risorse ho bisogno per’: questo è il primo passo verso ciò di cui abbiamo bisogno.