Episodio 153 – Parlare bene per pensare bene: quali ostacoli?

Episodio 153 – Parlare bene per pensare bene: quali ostacoli?

Hai mai fatto caso alle parole che utilizzi quando ti esprimi? Ti sei mai soffermato a notare quanto sia astratto il tuo linguaggio e a quante volte non esprime esattamente ciò che hai vissuto? Il nostro modo di parlare spesso è riflesso di un disordine interno e questo genera dei pensieri sfumati e confusi, finanche distorti. Accade spesso che siamo prigionieri della nostra mente. Cosa significa? E cosa c’entra il nostro pensiero-linguaggio? Come fa la nostra mente ad imprigionarci? La mente è uno degli strumenti più importanti, utili, funzionali che abbiamo per rendere la nostra vita più piena, per essere più flessibili e adattarci all’ambiente. Come mai allora questo potente e utilissimo strumento spesso ci imprigiona? Cosa è che la mente fa per renderci schiavi? Noi apprendiamo attraverso il pensiero-linguaggio, che ci premette, secondo un principio di economia in base al quale funziona la mente, di non dover apprendere nuovamente qualcosa che abbiamo già appreso. Il nostro apprendimento avviene applicando dei filtri necessari, ovvero dei processi di apprendimento necessari agli individui, per semplificare e velocizzare le scelte ed i comportamenti. Questi processi sono la cancellazione, la generalizzazione e la distorsione. Come li applichiamo per l’apprendimento di semplici comportamenti, allo stesso modo li utilizziamo nelle relazioni e per l’ apprendimento di comportamenti relazionali. Per cui, attraverso questi processi, trasformiamo l’esperienza che abbiamo vissuto e che stiamo comunicando (cancellando alcune parti, generalizzando degli aspetti, distorcendo/interpretando dei significati) in un’esperienza completamente diversa, che, però, diventa la nostra esperienza di riferimento. Cosa possiamo fare allora per mettere ordine nei pensieri? Possiamo prestare attenzione al nostro linguaggio, alle parole che utilizziamo. In particolare, possiamo fare attenzione ai termini che, nel metamodello, vengono definiti ‘universali’( tutti, nessuno, sempre, mai, etc) e ai verbi e sostantivi aspecifici, cioè vaghi e astratti (vorrei più serenità, sto male, mi ferisci, etc.) Per indagare i nostri pensieri occorre farci queste domande: *cosa intendo precisamente per….? quando siamo difronte a verbi e sostantivi non chiari *chi, cosa, quando precisamente…?quando siamo difronte agli universali. Prestando attenzione al nostri pensieri e al nostro linguaggio, facendoci le domande giuste possiamo uscire dalla prigione della nostra mente.
Episodio 151 – Che relazione hai col Silenzio? Con Lucia Fani

Episodio 151 – Che relazione hai col Silenzio? Con Lucia Fani

Che relazione hai col silenzio? Cosa è il silenzio? Cosa è per te il silenzio? Lo subisci? Lo ricerchi? Lo temi e, quindi, lo eviti? Come stai nel silenzio? È fondamentale farci queste domande perché la dimensione del silenzio può essere una dimensione di riscoperta di noi stessi. Non si tratta semplicemente di arrestare il rumore; non si tratta soltanto di creare spazi vuoti o imbarazzanti da riempire ad ogni costo; non si tratta neanche di sprofondare in comportamenti anestetizzanti per coprire emozioni che non vogliamo provare. il silenzio è una dimensione in cui incontriamo noi stessi, anche se si manifesta come uno spazio poco delineato rispetto a uno spazio in cui c’è rumore; è un luogo, in cui incontriamo anche il nostro mondo interiore. le nostre parti. E’ un modo per poter riconoscere delle voci che nel rumore non ascoltiamo o che vogliamo zittire. Spesso, infatti, utilizziamo il rumore per anestetizzarci, sia il rumore interno, mentale, sia il rumore esterno. E ci anestetizziamo perchè abbiamo paura, poichè il silenzio parla di noi, della nostra intimità. Ognuno di noi dà un significato diverso al silenzio, una connotazione personale, che varia in base all’esperienza che abbiamo vissuto. Ecco che allora può essere vissuto con imbarazzo, timore, come ostilità, rifiuto, indifferenza; ma può essere anche il luogo dell’ascolto, della quiete, della riflessione e della connessione. Qual è la relazione che tu hai oggi con il silenzio?
Episodio 150 – Vai oltre il dovere: trova ci che vuoi

Episodio 150 – Vai oltre il dovere: trova ci che vuoi

Cosa è il dovere? Cosa vuol dire andare oltre il dovere? Come si arriva a ciò che si vuole? Devo e voglio non sono semplici parole. Sono delle categorie mentali. Per questo sono così potenti. I nostri devo sono delle vere e proprie regole che si celano dietro i nostri NON POSSO: abbiamo una serie di divieti, a causa dei quali ci impediamo di vivere determinare esperienze. Le regole, però, ci servono per vivere insieme agli altri e per vivere, in generale. Per questo abbiamo interiorizzato dei devo nel corso della nostra vita: per poter stare nel mondo. Col tempo, però, siamo rimasti schiacciati dal dovere. I doveri che ci imponiamo possono oscillare tra il dovere più superficiale (devo stirare, devo fare la spesa, etc.) e i devo che possiamo definire ‘nucleari’ (devo stare bene, devo capire, devo essere forte, devo piacere agli altri, etc.). Le doverizzazioni che ci imponiamo creano la realtà che viviamo. Tutt’altra categoria è quella del VOGLIO. Cosa possiamo fare per andare oltre il dovere e arrivare al voglio? Innanzitutto, iniziare a vedere quanti devo abbiamo dentro. E distinguerli dai voglio. E iniziamo a vedere cosa produce un DEVO e cosa produce un VOGLIO. Cosa produce il DEVO? – Fissità e blocco: restiamo fermi: energia bloccata – Obbligo: ci sentiamo obbligati a ‘rispondere’ al comando del devo – Mancanza di volontà: lo faccio perché ‘sono costretto’ – Mancanza di responsabilità: sono inconsapevole – Mancanza di libertà: non vedo possibilità – Rabbia: sensazione di subire e di ingiustizia Cosa produce il VOGLIO? – Movimento/cambiamento: sblocco dell’energia – Motivazione: stimolo all’azione – Aumento del potere/possibilità: capacità di vedere e trovare nuove soluzioni – Scelta: rinforzo della volontà – Libertà: conquista della responsabilità – Gioia: più libertà, più possibilità, più responsabilità In questo modo, guardandone gli effetti, possiamo distinguere i devo dai voglio e possiamo chiederci, per ogni devo che individuiamo: chi o cosa mi obbliga a farlo? Diamoci il permesso di sentire le emozioni che emergono e di attraversarle. Faremo, in questo modo, un nuovo passo verso la scelta, ovvero verso la libertà. E impareremo, finalmente, a trovare ciò che vogliamo. E tu, hai trovato ciò che vuoi?
Episodio 149 – Io posso. Quando il linguaggio cambia la realtà.

Episodio 149 – Io posso. Quando il linguaggio cambia la realtà.

Molto spesso ci troviamo a vedere e a sentire in alcune situazioni specifiche degli impedimenti ambientali a realizzare ciò che desideriamo, ovvero sentiamo che qualcuno o qualcosa ci impedisce di essere felice, raggiungere gli obiettivi, etc. In realtà, siamo nella totale inconsapevolezza del fatto che siamo noi stessi a mettere dei divieti inconsci, e quindi potentissimi, alla realizzazione di ciò che vogliamo. In questo modo, però, cediamo tutto il potere sulla nostra vita agli altri, sui quali scarichiamo anche le nostre responsabilità. Diamo potere e responsabilità agli altri della nostra vita. Che possiamo fare per riprendere il nostro potere, in termini di possibilità, e la nostra responsabilità? Possiamo partire da questa considerazione principale: se non ti dai il permesso, ti neghi la possibilità di viverlo. Cosa significa? Che se non siamo noi in prima persona a darci il permesso rispetto a qualcosa, non avremo mai la possibilità di vivere quello che ci neghiamo. E, in aggiunta, scaricheremo la responsabilità a qualcun’altro di questa mancanza. Il primo passo è riconoscere e portare a coscienza quali sono i nostri NON POSSO. Quindi, vedere in che modo possiamo modificare questi divieti in permessi, in POSSO. Ognuno di noi ha i suoi impedimenti, dovuti senza dubbio alle proprie esperienze, alla propria storia; ognuno, quindi, se vuole crescere ed evolvere,dovrà lavorare proprio su questi divieti, sulle proprie regole, per imparare a darsi i permessi, quelle autorizzazioni che sbloccano le situazioni in cui siamo incastrati e che ci procurano molta sofferenza. Tra i divieti più frequenti troviamo: NON POSSO SBAGLIARE NON POSSO SENTIRE NON POSSO CAMBIARE NON POSSO LASCIARE ANDARE. Dietro questi impedimenti, questi divieti ci sono una serie inganni che ci fanno rimanere bloccati. Per riuscire ad andare oltre il blocco, è necessario iniziare a darsi i permessi adeguati. Alcuni permessi nucleari, che ci riguardano nel profondo sono: POSSO ESISTERE POSSO ESSERE ME STESSO POSSO STARE BENE POSSO ESSERE INTIMO POSSO CRESCERE Non c’è niente di scontato e banale in questi permessi, poichè toccano il nostro nucleo profondo e non è così semplice darsi i permessi. Possiamo iniziare, però, questo lavoro di consapevolezza, partendo da uno stato meditativo, ricercando i nostri divieti e modificando il nostro linguaggio, dandoci i permessi che finora ci siamo negati. E ricorda: se non TI dai il permesso, ti neghi la possibilità di viverlo.
Episodio 147 – Obiettivi e propositi: accettazione o pretesa?

Episodio 147 – Obiettivi e propositi: accettazione o pretesa?

Cosa si nasconde di dannoso dietro gli obiettivi? Se partiamo da una distinzione, o meglio, un’opposizione dualistica tra obiettivi ‘buoni’ o obiettivi ‘cattivi’ avremo una visione separativa, una visione o//o. Quello che possiamo fare quando ci poniamo degli obiettivi, è chiederci cosa ci fa bene e cosa ci fa male. Ma cosa è un obiettivo? Un obiettivo è qualcosa che non abbiamo e vogliamo raggiungere; può essere relativo all’imparare qualcosa, voler costruire una relazione, o anche semplicemente qualcosa che sia legato ad un oggetto. Un obiettivo è qualcosa a cui tendiamo. Il fatto che non abbiamo qualcosa, che sentiamo che ci manca qualcosa, però, può essere affrontato con due atteggiamenti differenti: o possiamo concentrare tutta la nostra attenzione su ciò che ci manca e vivere questa mancanza con frustrazione e, quindi, rabbia, fissandoci nell’ego, oppure possiamo ancorarci all’anima e quindi al momento presente vivendo la mancanza a partire dall’accettazione. Nel primo caso avremo quelli che possiamo definire EGOBIETTIVI, le cui caratteristiche sono: *mancanza; *paura; *illusione; *competizione; *dipendenza. Nel secondo caso impareremo a definire gli ANIMAOBIETTIVI, che hanno come caratteristiche: *presenza; *accettazione; *voglia di esprimersi; *dono e contributo; *gioia. E tu, con quale atteggiamento ti approcci ai tuoi obiettivi? Fammi sapere nei commenti, Antonio
Episodio 145 – L’ego non si racconta, l’Anima sì

Episodio 145 – L’ego non si racconta, l’Anima sì

Ego e anima. Due facce della stessa medaglia. Cosa vuol dire che l’ego non si racconta, ma l’anima si? Cosa è l’ego? Cosa è l’anima? Cosa fa l’ego? Cosa fa l’anima? Le relazioni sono uno specchio e ci permettono di conoscere meglio noi stessi e l’altro. Per vivere la relazione come spazio di crescita, dobbiamo, però, essere disposti a parlare di noi, lasciando che l’altro veda delle parti di noi, ben oltre le parole che diciamo. Ego e anima utilizzano però due linguaggi diversi. Il linguaggio dell’ego è un linguaggio infantile. il linguaggio dell’anima è un linguaggio maturo, che parte dal profondo e arriva al profondo. E’ un linguaggio di un’anima che comunica con un’altra anima, che si racconta, appunto. Come possiamo distinguere ego e anima? Il nostro ego erige barriere e muri, vive di paura di mostrarsi e di aprirsi. Quando lo ascoltiamo, la relazione diventa un ring in cui o ci difendiamo o attacchiamo. Come possiamo riconoscere l’ego? Quindi, vivendo di paura, l’ego personalizza, compete e sente il giudizio (e giudica). Per questo, si nasconde; e non si racconta. Non può farlo. C’è però un’altra parte di noi, più profonda e viva, l’ anima, che vive di connessione, di apertura, di autenticità e di amore. Sentirsi connessi e aperti è vitale per la nostra anima; la sua aspirazione massima è la relazione di amore. Come possiamo riconoscere l’anima? L’anima vive le emozioni, ascolta, conosce e cerca feedback. L’anima si racconta e ha bisogno di raccontarsi. Ricorda: l’ego non si racconta, l’anima si. Tu, quanto spazio dai alla tua anima, permettendole di raccontarsi?