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Sappiamo amarci per ciò che siamo?

Parliamo di amore e sviluppo personale

Quando penso al come si crea la nostra crescente incapacità di amarci mi viene in mente l’infanzia e vedo delle immagini precise:

sei intento a goderti il tuo tempo…  gli adulti, con le migliori intenzioni e solo per il tuo bene, in alcune situazioni ti trattano come un essere incapace di esistere, proteggendoti persino dall’aria (Ah, questo è davvero un toccasana per quella che circa venti anni dopo sentirai chiamare   autostima!).

Nella restante parte del tempo però, le cose migliorano alla grande: si mettono tranquilli e ti insegnano ad essere competitivo, a vincere, a piacere a tutti, a tacere quando vorresti dire qualcosa ma loro sono impegnati e a parlare quando non hai nulla da dire ma gli ospiti vogliono sentire la tua vocina. Tutti lo abbiamo vissuto dai, ricordi?

Di’ ciao all’amico di papà…Non essere il timido”, “Fa sentire a tutti come conti fino a dieci!”.

Tu butti in fuori il labbro inferiore, guardi tutti, ti senti leggermente osservato, sorridi e “Uuuuno… Duuue… trrrreeee…”, inizia lo show! Poi tutti battono le mani. In quel momento tutto ti è chiaro. Hai dai tre ai quattro anni e capisci la vita: “Mmmh, funziona così” ti dici sornione“allora, quando faccio ciò che gli altri si aspettano, loro mi battono le mani, i miei genitori si illuminano d’immenso, tutti mi riconoscono e io sono felice…figooo!!”.

Poi ci meravigliamo che uno a quaranta anni ti dica: “Mi sento distrutto, per quanto ci provi deludo le aspettative degli altri, mi sento un fallito, non so più cosa fare!”. Tu vorresti dirgli: “Mettiti in piedi su una sedia e conta fino a dieci!” ma in cuor tuo sai che a quell’età è più difficile che lo applaudano.

Infondo, però, lui non sa di essere il fortunato perché tu sei quello che ha continuato a contare fino a dieci per un’intera vita e, a cinquanta anni, confessi a un amico:

Gilberto, io ho frequentato le scuole dalla materna fino al Master post laurea, ho praticato atletica e nuoto, suono bene il pianoforte; sono sempre stato il primo tranne che alla gara di pattinaggio, quando avevo sei anni… ma papà mi spiegò prontamente che l’altro bambino era raccomandato. Gilberto, ho scelto la moglie migliore e amici con nomi come il tuo, sono invidiato da tutti…Una sola domanda voglio farti: Perché non sono felice?”.
Troppo tardi, caro Ermenegildo, non dovevi contare fino a dieci! Se inizia lo show, tu continui a cercare l’applauso e che tu lo ottenga o no sei fregato!

Pensaci bene: se hai figli o stai pensando di averne, pensa bene a come farli sentire apprezzati per ciò che sono, liberi! Non chiedergli mai di iniziare lo show!

Pensa adesso se un figlio di cinque anni ti chiamasse nella stanza e ti dicesse la stessa cosa. “Dai papà/mamma di’ ciao alle amichette di tua figlia… Dai fai sentire la vocina…Fai ciao con la manina…di’ ciao bambine io torno nel mio studietto a lavorare…” Come ti sentiresti?

Ma… allora perché un bambino non si deprime?

Potremmo dire molte cose. Forse si deprime ma ne esce subito dopo. È curioso, cerca soluzioni, vive il presente, non ha grosse attese per il futuro tranne l’istinto di sopravvivenza. Perché non sa tutto quello che noi sappiamo. Perché non è consapevole o forse perché è totalmente consapevole. Perché vive il presente e non si sforza di fermare il tempo, di immobilizzarlo. Se perde una partita piange o ride ma dopo poco ne inizia un’altra e gioca. Segue il flusso. Non gioca la nuova partita pensando che deve recuperare quella precedente…gioca…gioca…gioca una sola partita, quella che sta giocando…gioca…si diverte è la vita è là.

Bene ora fai semplicemente questo piccolo esercizio:
ovunque tu sia, fermati un attimo… n o t a: Quanti colori ci sono intorno a te? Quanto è forte la luce che ti sta avvolgendo in questo preciso istante? Come stai respirando in questo preciso istante? Che cosa stai provando in questo preciso istante? Quanto sei consapevole del calore del tuo corpo? Dei suoni sottili presenti in questo preciso istante?

Capisci di cosa parlo? Il famoso QUI ED ORA! Essere presenti a se stessi, consapevoli, svegli, vivi!

Di questo parleremo bene in un prossimo post dedicato al nostro rapporto col tempo.

 

Un tema che troppo spesso non si tocca, perché ritenuto scomodo e poco utile è la differenza tra amore incondizionato e amore condizionato.  Abbiamo, però, una pallida idea di quanto questo faccia la differenza nella nostra vita quotidiana?

Pensiamo un attimo a quanto e soprattutto a quando stiamo bene:

  • Quando riusciamo a fare tutto e bene
  • Quando gli altri ci gratificano
  • Quando riusciamo a soddisfare le attese altrui.
  • Quando ci sentiamo accettati

Capiamoci, tutto questo va bene, certo non potrebbe dispiacere nessuna delle situazioni precedenti anzi…
Ma se queste situazioni diventano condizioni ? e se poi si trasformano in condizioni necessarie per sentirci degni di amore, sereni e grati?
Beh, direi che la cosa si complica un po’.
Quando penso al come si crea questa sempre maggiore incapacità

  • di amarci (e dunque amare) senza condizioni
  • di distinguere ciò che siamo da ciò che facciamo
  • di smettere di essere vittime delle nostre performance
  • di sentirci amati e degni di benessere incondizionato

mi viene in mente l’infanzia e vedo delle immagini precise….

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Splendida giornata a te!