Episodio 272 – Le 7 regole del Karma: come capire il karma

Episodio 272 – Le 7 regole del Karma: come capire il karma

Cos’è il Karma? E come funziona? Con il dott. Enrico Ruggini, psicologo e psicoterapeuta, abbiamo parlato di karma e delle sue leggi. Il karma non è una legge di punizione, ma può essere considerato un vero e proprio principio guida per vivere una vita più consapevole e responsabile. Il Karma oggi a noi è giunto come qualcosa del tipo se ti comporti male, poi verrai punito. In una successiva incarnazione sconterai i tuoi errori e sbagli. Ma questo è un travisamento. Karma significa azione. Inserito in una visione evoluzionistica dell’uomo, ha un significato diverso. Vuol dire raggiungere una tale maturazione di coscienza che ci porta a vivere più per gli altri che per noi stessi. Le azioni per arrivare a questo sono azioni collegate ai fili karmici che hanno una funzione educativa e non punitiva. Quindi karma è anche apprendimento, attraverso atti e azioni che hanno determinati effetti. È la legge del causa-effetto: qualsiasi azione ha un effetto. Gli effetti ci stimolano ad agire o reagire in un determinato modo. In questo processo del karma avviene la maturazione della coscienza. E la crescita. Per mancanza di coscienza compio determinati atti dei quali apprenderò insegnamenti nel corso di tutta l’esistenza. Quali sono le 7 leggi del karma? 1. Ogni attività reca con sé un effetto 2. Questo vale per ogni categoria (pensieri, sensazioni, etc.) 3. L’effetto è della stessa natura della causa 4. Si creano cause volontariamente ed involontariamente 5. L’effetto ricade su chi ha mosso la causa 6. L’effetto ricade per dare coscienza al soggetto 7. L’effetto ricade quando il soggetto è pronto a comprendere.
Episodio 271 – Il potere trasformativo delle storie

Episodio 271 – Il potere trasformativo delle storie

Le storie sono molto più di semplici narrazioni. Sono strumenti potenti che hanno il potere di trasformarci e plasmare il nostro modo di vedere il mondo. Le storie ci modificano e possiamo sfruttare questo potere per il nostro apprendimento e sviluppo personale. E’ molto importante scrivere la propria storia sotto forma di fiaba. Scrivere la fiaba della propria vita significa passare da un livello di lettura della propria storia superficiale ad una nuova consapevolezza: creare personaggi e simboli vuol dire aprire un mondo infinito. Si smuove dentro di noi un mondo. Come si scrive una fiaba? Il primo elemento da tenere in considerazione è che non ci devono essere persone, ma simboli. Animali, personaggi inventati, oggetti, qualcosa che non esiste, qualcosa che racchiuda dei significati. Quindi il resto viene automaticamente. Scrivere una fiaba vuol dire dialogare con l’inconscio (si parla per immagini, l’inconscio in questo modo evoca ricordi e immagini in modo diretto, senza la parte razionale). Superare le difese: quando scrivo la mia fiaba bypasso la razionalizzazione e le difese. Vuol dire andare oltre tutto ciò che il nostro inconscio considera “troppo” per noi. Accrescere identificazione e proiezione: mi identifico maggiormente nei personaggi e nei simboli che creo, acquisendo consapevolezza di nuovi punti di vista. Proiezione, invece, vuol dire che io posso proiettare nei vari personaggi tutte le parti di me. Attraverso la proiezione mettiamo ordine. Elaborazione emotiva: elaboro un livello emotivo molto più forte e più vero di quello che mi racconto e tirando fuori le mie emozioni posso elaborarle. Cosa accade? • C’è un distanziamento emotivo: riesco a raccontare la mia storia con una maggiore distanza emotiva. • Ristrutturazione narrativa: quando narriamo diamo una nuova cornice di riferimento a ciò che abbiamo vissuto. • Rafforzamento dell’identità: non siamo più vittima del racconto razionale della nostra storia che prima ci facevamo. • Creatività e flessibilità: quando scriviamo attiviamo la nostra parte creativa e diventiamo più flessibili perché cambia la nostra visione.
Episodio 270 – La pace possibile: costruisci la tua pace per portarla nel mondo

Episodio 270 – La pace possibile: costruisci la tua pace per portarla nel mondo

La pace possibile: costruisci la tua pace per portarla nel mondo Nel mondo in cui viviamo e nel modo in cui viviamo spesso la pace interiore può sembrare un miraggio lontano. Qual è la via della pace? Come possiamo costruire la pace? Spesso il conflitto nasce dalle barriere, nasce dall’invidia e genera emozioni negative; il dialogo senza dubbio è una via di pace. La vita interiore plasma la realtà che ci circonda e se c’è la pace è frutto di una interiorità che riesce a esprimersi bene. Quando vediamo la guerra è un orrore, ma è come i sintomi di una malattia, c’è sempre un problema sotto. Bisogna curare ed occuparsi di ciò che c’è nel profondo, a livello sociale, ma anche personale. La malattia è una malattia che nasce dal conflitto interno. E la guerra che abbiamo dentro è uno specchio di quello che poi portiamo fuori, nelle nostre relazioni. Fino a che ci sono conflitti interni, ci saranno sempre conflitti esterni. Per poter iniziare a risolvere i conflitti esterni è necessario partire da quelli interni. Fino a che punto è possibile pacificarsi per portare pace? Il cammino per la pace è un cammino sempre attivo, ma è un cammino lento che riguarda la capacità di convivere con quello che si è. La pace richiede la capacità di lasciarsi bucare anche dalle spine, ovvero dalle proprie sofferenze, accettando ciò che siamo, cercando di non far male agli altri e accettando che anche gli altri possano avere le loro sofferenze. Per portare la pace dobbiamo guardare quando non siamo pacifici, capire dove andare a lavorare con noi stessi. Costruire la pace parte proprio dall’accettazione di noi stessi e degli altri. La pace a cui arrivare è più un educare. Non può essere pace come assenza di guerra perché impongo il mio dominio (il nostro ego vuole imporre il suo potere-dominio), ma è la pace come “porgere l’altra guancia”, non è sottomettersi, ma è semplicemente non ripiegarsi su se stessi e non pretendere la ragione. I passi della maturità spirituale partono dalle regole e arrivano ai valori e quindi ad incarnare questi valori. Qual è il cammino per progredire sul cammino della pace? Silenzio, preghiera e meditazione sono strumenti importanti e imprescindibili. Questo vuol dire auto-osservarsi. Più osservo me stesso e meno cado in dinamiche di guerra. Un altro passo importante è iniziare a praticare la compassione.
Episodio 269 – Relazione genitori-figli: una lettura spirituale

Episodio 269 – Relazione genitori-figli: una lettura spirituale

Con un ospite speciale, Chantal Dejean, abbiamo affrontato il tema della relazione genitori-figli. La relazione genitori-figli è una delle relazioni fondamentali nella vita di ognuno. In questa relazione si cresce, ci si struttura e ci si trasforma. Il primo passo è strutturare la relazione con se stesso e la relazione di coppia. Poi possiamo entrare nella relazione con i propri figli. Quando possiamo dire che queste relazioni sono relazioni d’Amore? Le relazioni d’Amore sono quelle in cui si promuove la crescita, il rispetto delle libertà dell’ altro. Le relazioni di Amore sono funzionali all’apprendimento. Il vero amore, infatti, non è a servizio dell’ego. La nostra anima vuole relazioni che la spingano a crescere, a far emergere le virtù e i talenti. Quindi le relazioni sono una palestra. Le relazioni d’Amore sono faticose perché ci insegnano e sono piene di attriti costruttivi che fanno crescere ed evolvere. Sono relazioni che spingono a dare il meglio di noi. Quando abbiamo una buona relazione di coppia, allora possiamo costruire una buona relazione con i nostri figli. Le relazioni adulte però sono poche. Noi crediamo che l’altro debba rispondere ai nostri bisogni, riempire i nostri vuoti. La nostra sofferenza è legata a noi stessi e a quello che noi pretendiamo dall’altro. Una relazione disfunzionale è quando io tolgo libertà all’altro e l’altro a me. Nella relazione con i figli quello che è importante è riconoscere il figlio come qualcuno di esterno a noi e rispettare la sua libertà e dare l’esempio di ciò che desideriamo che loro siano e ciò che loro possano essere. I figli spesso vengono vissuti come una risoluzione delle nostre problematiche. Per questo si ribellano. E’ importante imparare a dare libertà e darsi libertà. È importante chiedersi se come genitori siamo a servizio dell’ego o dell’anima e puntare sempre alla crescita e all’evoluzione dei nostri figli.
Episodio 268 – Chi comanda i nostri pensieri? Scopri come gestire i pensieri

Episodio 268 – Chi comanda i nostri pensieri? Scopri come gestire i pensieri

Chi comanda i nostri pensieri? Scopri come gestire i pensieri Come possiamo gestire i nostri pensieri? La nostra sofferenza è quasi sempre creata dai nostri pensieri. Nel momento in cui impariamo a gestire i nostri pensieri, gran parte della nostra sofferenza si dissolve. Spesso siamo in balìa dei nostri pensieri perché non siamo in grado di gestirli. I pensieri influenzano le nostre azioni e emozioni. Ed è quindi di fondamentale importanza imparare a gestirli. Come fare? Il primo passo consiste nell’ ascoltare il pensiero e comprendere quale parte di noi è al comando. Quando ci arriva un pensiero dobbiamo ascoltare il pensiero e chiederci cosa la mente sta producendo. Ascoltare il pensiero vuol dire fare silenzio, sentire e trascrivere cosa sta accadendo. Una volta che l’abbiamo ascoltato possiamo riconoscerlo come qualcosa di diverso da noi: noi non siamo i nostri pensieri. Il passo successivo è chiederci: dove nasce questo pensiero? Bisogna individuare le emozioni che ci sono dietro al pensiero e comprendere se il pensiero nasce dalla parte animica, dal sé superiore o dall’ego, la parte impaurita, chiusa, che gioca in difesa. Il terzo passo è chiederci: cosa porta questo pensiero? Emozioni piacevoli? Un contributo costruttivo per me e l’altro oppure rabbia, tristezza, distruzione? Il quarto passo è chiederci: dove conduce? Dove ci porta questo pensiero? Il quinto passo è chiedersi: sa aspettare? Questo pensiero sa aspettare? Per distinguere se un pensiero fa bene o fa male bisogna osservare e vedere se il pensiero è frettoloso, non è presente, ma se sa aspettare. Chi è al comando della tua nave?
Episodio 267 – Oltre l’inconsapevolezza. Scopri i modi in cui cancelliamo la realtà e come rimediare

Episodio 267 – Oltre l’inconsapevolezza. Scopri i modi in cui cancelliamo la realtà e come rimediare

Oltre l’inconsapevolezza. Scopri i modi in cui cancelliamo la realtà e come riscrivere la nostra storia La sofferenza umana è dovuta alle immagini che ci facciamo della realtà. Infatti non è la realtà a farci soffrire, ma ciò che scegliamo di vedere di essa. Quello da cui è importante partire è la consapevolezza del fatto che noi non possiamo mai prendere tutti i dati di realtà, ma ne abbiamo sempre una rappresentazione. Cancelliamo sempre qualcosa. Alcune cancellazioni sono utili e funzionali. Altre però sono dannose e ci provocano sofferenza. Quali sono le cancellazioni che ci fanno soffrire maggiormente? • Giudizio assoluto: spesso abbiamo bisogno di spaccare la realtà in due, di dividere in buoni o cattivi, bianco o nero… questa non è la realtà, ma l’ immagine che noi ci siamo fatti della realtà. Quando ci sentiamo colpiti, feriti tendiamo a formulare giudizi assoluti. • Ignoranza selettiva: vuol dire attaccarsi solo a delle informazioni, a quelle che ci confermano, a ciò che già pensiamo (bias della conferma); quando abbiamo convinzioni, ignoriamo in modo selettivo ciò che non ci conferma. • Generalizzazione: avviene quando rendiamo la parte il tutto. • Identificazione: avviene quando ci identifichiamo in un ruolo e cancelliamo altre parti di noi. • Cecità sui bisogni: non conosciamo i nostri bisogni; ci nascondiamo i nostri bisogni e le nostre esigenze e lo facciamo anche con gli altri. Quando non conosciamo i nostri bisogni , ci allontaniamo da noi stessi Cosa si può fare? Con i giudizi assoluti si può fare una pratica di consapevolezza: quando esprimiamo giudizi assoluti, possiamo trovare almeno tre cose che smentiscano il nostro giudizio. Bisogna mettere il giudizio alla prova della realtà. E la realtà vince sempre. Con l’ignoranza selettiva possiamo fare questo: quando vediamo che tutto mi conferma quello che penso, dobbiamo chiederci cosa non stiamo vedendo, quale aspetto abbiamo cancellato. Con la generalizzazione dobbiamo tornare all’evento, alla situazione, all’esperienza che abbiamo vissuto; dobbiamo risalire all’esperienza di partenza. Con l’identificazione dobbiamo chiederci: sono solo questo? Ed individuiamo anche le parti che non vediamo. Con la cecità sui bisogni possiamo chiederci di cosa abbiamo bisogno davvero. E ricercare i nostri veri bisogni e trovare modi di soddisfare i nostri bisogni.